Messico, migranti ‘marchiati’ con numeri alla frontiera americana

Numeri scritti in serie sul braccio, che immediatamente evocano la drammatica pratica dei campi di sterminio nazisti

Children from the Anapra area observe a binational prayer performed by a group of religious presbyters on the border wall between Ciudad Juarez, Chihuahua state, Mexico and Sunland Park, New Mexico, US, on May 3, 2018. / AFP PHOTO / Herika Martinez

NEW YORK – Numeri scritti in serie sul braccio, che immediatamente evocano la drammatica pratica dei campi di sterminio nazisti. Le immagini dei bambini migranti al confine tra Messico e Stati Uniti, che alzano le maniche di felpe e giubbotti per mostrare il marchio effettuato con un pennarello scuro, stanno scatenando un’ondata di orrore e sdegno in rete.

Le metodologie degli agenti messicani

Si tratta di un metodo utilizzato dagli agenti della frontiera messicana nella città di Juarez per schedare i minori che insieme alle famiglie tentano di attraversare il confine verso gli Usa. Inoltre, le autorità consegnano ad adulti e bambini moduli da compilare a mano con le loro generalità. Il video dei piccoli migranti ‘marchiati’, arrivati con la carovana al confine insieme ai parenti, è già diventato virale. Le immagini sono apparse anche da diversi media internazionali, suscitando un’ondata di indignazione anche sulla stampa israeliana.

Pochi giorni fa il decesso di una bimba di 7 anni

Il trattamento delle persone alla frontiera meridionale degli Usa e la linea dura sull’immigrazione dettata dal presidente Donald Trump sono tornati negli ultimi giorni al centro del dibattito. Il tutto a pochi giorni dalla tragica morte di Jakeline Caal. La bimba di 7 anni del Guatemala è deceduta poco dopo il fermo dalla polizia di frontiera nel deserto del New Mexico. Aveva appena attraversato il confine con il padre, e faceva parte di un gruppo di 163 migranti. Tutti erano stati presi in custodia dagli agenti del Us Customs and Border Protection.

Il decesso otto ore dopo il fermo

Circa otto ore dopo, a Jackeline è venuta la febbre a 40 e ha iniziato ad avere le convulsioni. A meno di 24 ore dal trasporto in elicottero al Providence Children’s Hospital di El Paso, in Texas, è morta per arresto cardiaco.

“Mia figlia stava bene”

I media in seguito hanno diffuso una dichiarazione delle autorità statunitensi secondo cui la minore era disidratata e non mangiava nè beveva da giorni. Il padre Nery Caal, attraverso un portavoce, ha raccontato una versione diversa. L’uomo ha spiegato che Jackeline ha mangiato e bevuto acqua potabile durante gli oltre 3.200 chilometri di viaggio percorsi dal centro del Guatemala e poi attraverso il Messico. “Mia figlia stava bene, ha ricevuto cibo e liquidi”, ha detto Nery secondo quanto riferito da Ruben Garcia, direttore della El Paso’s Annunciation House, un’organizzazione no profit che aiuta i migranti.

Sul caso verrà aperta un’indagine

“É stato molto chiaro sul fatto che la figlia era in salute, e voleva veramente andare con lui negli Stati Uniti”, ha aggiunto Garcia. “Non aveva mai visto un grande paese ed era felice”, ha raccontato da parte sua la madre della bimba, Claudia Maquin, sottolineando che il marito voleva recarsi negli Usa per trovare una via d’uscita dalla situazione di “povertà estrema” in cui si trovavano. Intanto, un avvocato della famiglia Caal ha fatto sapere che i parenti di Jackeline chiedono un’indagine “obiettiva e approfondita” sulla sua morte.

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