Migrantes: all’estero 5,6 milioni italiani, crescono nonostante il Covid

Gli italiani continuano a emigrare, nononostante il Covid e non sono soltanto 'cervelli in fuga'.

Foto LaPresse - Mourad Balti Touati

ROMA – Gli italiani continuano a emigrare, nononostante il Covid e non sono soltanto ‘cervelli in fuga’. E’ il quadro che emerge dall’ultimo Rapporto Migrantes Italiani nel Mondo.

In più, l’unica Italia a crescere è quella che mette radici (e residenza) fuori dei confini nazionali. Nel Paese, invece, gli stranieri residenti (poco più di 5 milioni) non riescono più a compensare l’inesorabile inverno demografico.

L’emigrazione di italiani è in crescita da oltre un decennio. Se nell’ultimo anno l’aumento della popolazione Aire è stato del 3%, questo dato diventa il 6,9% dal 2019, il 13,6% negli ultimi cinque anni, ben l’82% dal 2006, anno della prima edizione del Rapporto Italiani nel Mondo. Al primo gennaio 2021, la comunità strutturale dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5,6 milioni di persone, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia.

“La portata umana, culturale e professionale di questa presenza è di valore inestimabile nell’ambito di quel soft-power che consente di collocare il nostro Paese tra quelli il cui modello di vita gode di maggior attrazione e considerazione”, sottolinea il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Le ‘Reti’ che animano e costituiscono questo valore di italianità meritano riconoscimento e sostegno”, afferma. La Comunità di italo-discendenti nel mondo viene stimata in circa ottanta milioni di persone, cui si aggiungono gli oltre sei milioni di cittadini italiani residenti all’estero.

Gli oltre 109 mila che hanno lasciato l’Italia per l’estero da gennaio a dicembre 2020 provenivano prevalentemente dal Centro-Nord (69,5%), con Lombardia e Veneto nelle prime due posizioni. Più di tre quarti, il 78,7% ha scelto l’Europa. Ai primi posti nel 2020 il Regno Unito meta di 33.293 italiani, poi l’Ue con Germania (13.990) e Francia (10.562) che, da sole, coprono il 52,8%.

Lungi dall’essere una mera “fuga di cervelli”, la recente emigrazione italiana mostra, spiega il braccio pastorale della Cei, un “carattere complesso” che coinvolge cittadini di tutte le età e titolo di istruzione. Ai lavoratori altamente qualificati che puntano all’estero per le prospettive di carriera e di guadagno, si aggiungono coloro che si spostano alla ricerca di lavoro o in occupazioni a tempo determinato e spesso non qualificati, in settori che vanno dalla ristorazione alle costruzioni, dal manifatturiero alle strutture di ricezione. Questo fenomeno è in gran parte effetto della crisi economica e sociale dell’Italia del 2007-2012 che ha negato a molti lavoro e diritti e li ha spinti a cercare fortuna altrove.

di Maria Elena Ribezzo

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