Come noto nell’inno nazionale tedesco risuona un paio di volte la frase Deutschland uber alles, la Germania al di sopra di tutto. Stiamo parlando di un Paese uscito con le ossa rotte da ben due conflitti mondiali, in particolare il secondo, che lo ho vista andare letteralmente in pezzi, distrutto e finanche separato territorialmente (blocchi Est e Ovest), ritenuto moralmente responsabile dell’avallo dato al Nazismo. Caricata del pagamento dei danni di guerra agli Stati vincitori, la Germania ha saputo tuttavia risorgere dalle proprie ceneri. Sotto la guida del cancelliere Konrad Adenauer, statista dello spessore del nostro Alcide De Gasperi, anch’egli democristiano, quella nazione è stata capace, nel giro di pochi anni, di tornare ad essere una vera potenza industriale. Adenaeur fu, con lo stesso De Gasperi ed i francesi Robert Schuman e Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’unità europea ed in quel solco i suoi successori si sono sempre mossi per edificare la nazione continentale. La Germania insieme con la Francia e l’Italia può essere ritenuto un Paese che ha molto investito sul progetto Ue, assumendo spesso un ruolo di guida politica per autorevolezza, forza economica ed industriale. Alcune volte, però, quel ruolo non dichiarato si è tramutato in linee politiche e programmatiche in grado di favorire, di riflesso, gli interessi teutonici spesso a discapito delle economie degli altri Paesi aderenti al blocco europeo (più indebitati e spendaccioni) come Spagna, Portogallo, Grecia e Italia i cui conti ed il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (la ricchezza prodotta), non erano proprio idilliaci. Insomma: sulla bilancia di Bruxelles spesso è calata la…spada di Brenno sotto le sembianze di Angela Merkel, della politica dell’austerità, del controllo dei bilanci e dei debiti. Per quanto riguarda il Belpaese il maggior danno è venuto dalle regole imposte a Maastricht con la svalutazione di circa il 50% della Lira italiana. Vero è che quei vincoli di bilancio sono stati il presupposto della nascita dell’Euro, la moneta comune europea, la cui stabilità e forza hanno consentito, via via, allo Stivale, di recuperare il salasso subìto, in termini di inflazione bassissima e di estrema stabilità sui mercati finanziari (grazie, appunto, alla moneta comune). Alla Germania dobbiamo poi una bilancia dei pagamenti che ci favorisce con l’esportazione dei profitti italiani, del turismo e del sostegno che la BCE ci ha sempre offerto nei momenti più bui della nostra economia. In poche parlole: da decenni Berlino è il primo partner commerciale di Roma (a tutto vantaggio nostro) ed i rapporti in genere sono stati sempre improntati all’amicizia politica oltre che al vantaggio economico negli scambi. Per dirla tutta: non si sono mai registrate serie crisi, in questi decenni, tra Italia e Germania. Tuttavia in quel clima di cordialità, in questi giorni sembra essersi aperta improvvisamente una falla. Chi o che cosa l’ha provocata? La risposta è semplice: la posizione assunta dal governo tedesco sulla “questione migranti”. Indubbiamente Berlino ha certamente convenuto con Roma che la vicenda delle migrazioni dall’Africa verso il Vecchio Continente sia un problema europeo e non certo della sola nazione sul cui suolo patrio quegli sventurati approdano a ripetizione. Gente disperata che rischia la vita nelle mani degli scafisti, aguzzìni, questi ultimi, al soldo di associazioni criminali che guadagnano milioni di euro nella immonda, tragica tratta di esseri umani che semina di morte il mare. Di recente però il Bundesregierung ha dichiarato di voler aumentare i finanziamenti alle navi delle ONG (organizzazioni non governative) tedesche che fanno la spola tra il Mediterraneo, ove intercettano i barconi, stracolmi di migranti in pericolo, e le coste italiane. Giustamente la nostra premier, Giorgia Meloni, ha precisato che non si può “spendere” per incrementare l’attività di assistenza e salvataggio, senza tener conto che questa ultima poi ha come terminale il nostro Paese. Più soccorsi, in buona sostanza, significa incoraggiare ed intensificare le partenze ed il numero gli arrivi. Il che, tradotto, significa disporre delle nostre frontiere. A dir poco ad effetto la frase utilizzata, in tal senso, dalla presidente del Consiglio per mostrare il proprio disappunto: “No alla solidarietà con i confini degli altri”. E’ pur vero che la Germania si è fatta finora carico di assorbire buona parte del flusso migratorio proveniente dai paesi dell’Est ed in parte anche di quello proveniente dall’Italia. Tuttavia questo non consente a nessuno di poter incrementare la speranza di aiuto in mare delle ONG ed i conseguenti traffici che ne derivano verso le nostre sponde, aggravando una situazione già grave di suo. Se questo dovesse essere ha ben ragione Meloni a proporre che i migranti siano accolti da quei paesi le cui bandiere nazionali garriscono sui pennoni delle navi soccorritrici!! Insomma: da questa tragedia umanitaria non se ne esce con atti unilaterali facendo leva sull’oggettiva attrattiva delle spiagge tricolori. Così come non se ne esce con il buonismo e l’accoglienza senza limiti che pure ancora si predica a sinistra in sintonia con il Papa pauperista. Sono esseri umani e come tali devono essere trattati anche quando approdano.