“Mio figlio sotto terra da 10 anni e il suo assassino libero”

"Mio figlio sotto terra da 10 anni e il suo assassino libero"

SAN CIPRIANO D’AVERSA – Amalia è andata al cimitero, stamatina. E anche ieri, e ieri l’altro, e lo farà domani. Da quando “la cameretta di Emanuele si trova lì”, cioè dall’aprile del 2013, non è passato un giorno senza che ci sia andata. “Qualche volta sono rimasta pure chiusa dentro, ma tanto ormai mi conoscono, e abbiamo risolto subito”. Da dieci anni Amalia esce “solo per necessità, per andare a trovare Emanuele e per incontrare altri ragazzi come lui, nel suo nome”, racconta. E’ il suo modo per convivere col dolore, dopo che il suo ultimogenito, Emanuele Di Caterino (nella foto), è stato strappato alla vita una notte di dieci anni fa, a 14 anni, per mano di un ragazzo poco più grande di lui. Accadde in piazza Bellini ad Aversa, due gruppi di ragazzini si affrontaro, Emanuele intervenne per sedare gli animi ma fu colpito dal coltello che impugnava Agostino Veneziano, allora 17 anni, di San Marcellino. Veneziano, oggi 27enne, è passato quasi indenne da cinque processi – fece pochi mesi di carcere – visto che il processo di primo grado svoltosi nel 2014 con rito abbreviato davanti al giudice monocratico del tribunale dei minori, che lo condannò a 15 anni, fu poi annullato dalla Corte di Appello che ritenne che il processo si sarebbe dovuto svolgere davanti al tribunale in composizione collegiale; al termine del nuovo processo di primo grado, l’imputato fu quindi condannato ad otto anni, poi a 10 anni in appello con verdetto annullato ad inizio 2023 dalla Corte di Cassazione, che ha rinviato gli atti ad una nuova sezione della Corte di Appello di Napoli per il sesto processo, che si terrà il 4 maggio prossimo, e in cui i giudici di secondo grado sono chiamati a motivare meglio in relazione al diniego della legittima difesa invocata dai legali di Veneziano; in teoria potrebbe esserci anche un settimo processo per un eventuale altro passaggio, a quel punto definitivo, in Cassazione. Amalia Iorio (difesa da Maurizio Zuccaro e Covelli, e da Vincenzo Petrella per la parte civile) nel frattempo ha scritto lettere e appelli affinchè l’assassino del figlio fosse ristretto in carcere, ha parlato in Parlamento e a tanti ragazzi nelle scuole contro il bullismo. “Agli altri miei tre figli – dice oggi – non ho mai fatto pesare la mia battaglia per avere giustizia, ma loro mi chiedono, e me lo chedo anch’io, qual è il senso di avere tanto battagliato nelle aule di giustizia se ancora giustizia non è stata fatta?”

Farebbe meno male se sapesse in carcere l’assassino di suo figlio?

Emanuele non tornerà più, ma a quei magistrati che ancora non permettono di scrivere la parola fine a questa storia chiedo: e se fosse successo a vostro figlio? Vi sareste messi così facilmente l’anima in pace? Io credo di no. Le sembra facile fare pace con l’idea che tuo figlio è sotto terra e chi l’ha ucciso continua a fare la sua vita, a crescere, a studiare, come se nulla fosse? Sotto i tuoi occhi poi, perchè abita a pochi passi da noi. Neanche la delicatezza di cambiare casa.

Lo ha mai incontrato, ha ricevuto richieste di pentimento o di perdono da parte sua o della sua famiglia?

Mai. Non si è mai pentito nè ha chiesto perdono. Ma, nonostante sia una donna di fede, le dico che anche se l’avessi ricevuta non sarei riuscita a farlo. Non lo farò mai. Questo non significa che voglio vendetta o sia una persona cattiva. Ma lo escludo categoricamente.

Come ha fatto a convivere con un dolore così grande in questi anni?

La notte in cui è morto Emanuele ho chiesto a Dio la grazia di non incattivirmi. Ho deciso di portare il suo nome ovunque, per farlo conoscere ai suoi coetanei, per rendergli onore e tenere vivo il suo ricordo in mezzo a noi. Abbiamo avuto tanto affetto in questi anni dalla nostra comunità, che mai ci ha fatto mancare il suo appoggio, dalla chiesa, dal vescovo. Mi ha ricevuto persino Papa Francesco. Io non sono più Amalia, ma “la mamma di Emanuele”. Mio figlio nessuno l’ha dimenticato e questo mi dà la forza.

E’ pronta a tornare in aula per l’ennesimo grado di giudizio?

Appena è cominciato il processo i miei familiari non volevano che andassi in tribunale, che ripercorressi quello che gli è accaduto, per non aggiungere dolore a dolore. Per un po’ gli ho dato ascolto, poi ho deciso che no, in quell’aula dovevo esserci anche io. Lo devo a mio figlio. Ci sarò anche il 4 maggio, ci sarò finchè non avrò una sentenza che gli renderà giustizia. Non si può togliere la vita a un ragazzo e farla franca, che esempio diamo ai nostri ragazzi? Voglio ancora potermi fidare della legge, datemene la possibilità”. 

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