NAPOLI – I numeri non dicono sempre la verità. A prima lettura i dati relativi ai fondi stanziati dal governo per salvare le casse dei Comuni dovrebbero far esultare i meridionalisti, visto lo ‘squilibrio’. Ma la situazione è ben diversa, perché la politica non ha dato risposte all’emergenza che c’è nella pubblica amministrazione della metà del BelPaese che va dal Tevere in giù. Sono, stando ai dati prodotti dal Csel per Adnkronos, 326 gli enti locali che sono stati ‘salvati’ dallo Stato, attraverso l’assegnazione di 660 milioni di euro che andranno ad evitare che le amministrazioni finiscano in dissesto.
Gli enti del Mezzogiorno rappresentano l’83% del totale (271 su 326) e sono destinatari del 78% delle risorse: 519 milioni sui 660 milioni. Segue il centro Italia con 42 enti (13% del totale) e uno stanziamento complessivo pari a 25.471.045 euro. Infine, il Settentrione che, sebbene abbia solo 13 enti compresi nell’elenco, si è visto assegnare oltre 115 milioni di euro. “Napoli da sola, con i suoi oltre 246,5 milioni, ha assorbito il 37% delle risorse messe sul tavolo. Segue Torino, con 111,9 milioni, Reggio Calabria con 45,8 milioni, Salerno con 33,1 milioni e Modica, nel ragusano, che si è vista assegnare oltre 11 milioni. Se rapportate alla popolazione residente però questa classifica viene completamente stravolta e troviamo sul podio, nell’ordine, il Comune di Polino micro, amministrazione del ternano che conta 215 abitanti, per i quali i 139.555 euro equivalgono a 649 euro a testa.
Segue Rea, nel pavese, che sta per incamerare 221,4 milioni che, considerati i solo 400 abitanti, significa 553 euro procapite. Al terzo posto il comune di Castelmola, in provincia di Messina (534 euro a testa), seguito da Scalea, in provincia di Cosenza, cui è stato assegnato l’equivalente di 489 euro procapite e il molisano Montemitro, che si è fermato a 473 euro a testa. Agli estremi opposti Camigliano, in provincia di Caserta, che si è fermati a 14,64 euro e Roccarainola dove l’importo procapite è stato pari a 15,32 euro”, si legge nello studio. Proprio alla scadenza, diverse giunte, tra le quali quella di Napoli, hanno approvato i bilanci, rispettando la scadenza in extremis, e mettendo i conti in sicurezza grazie alle risorse del governo. Al 31 dicembre 2020 gli Enti in condizioni difficili erano 1.083, circa uno su 8, la maggior parte dei quali concentrati tra Calabria (86), Sicilia (83) e Campania (64). Di questi, 683 sono in default, con la Calabria, maglia nera, che ne conta ben 193, seguita dalla Campania (173) e dalla Sicilia (80). Numeri drammatici, che rivelano la scarsa efficacia della pubblica amministrazione. A Napoli, ma in tutto il Sud, compresa la Salerno del governatore Vincenzo De Luca, che si mostra spesso paladino della virtù gestionale, ma che un po’ di macerie alle spalle se l’è lasciate pure lui.
L’enorme punto oscuro di questi stanziamenti è che i soldi servono ad evitare il dissesto, ad adeguarsi ai principi recentemente dettati dalla Corte Costituzionale. Ma rischiano di non servire a evitare che il caos si presenti in futuro. Non c’è programmazione, non c’è alcuna indicazione al momento su come riportare i Comuni ad essere autosufficienti, a tornare a dare servizi ai cittadini che di diritti sembrano averne pochi, ma di tasse ne pagano tante. E qui la grande sfida per il governo Draghi, per la Regione, per la politica tutta: fare in modo che il Sud rinasca con investimenti veri, non soluzioni tampone come questa.