Reggio Calabria (LaPresse) – I carabinieri di Reggio Calabria stanno eseguendo 45 provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di persone nel Reggino. Sono ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Ed anche tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi, danneggiamento e altri reati. Fra gli arrestati, tante figure oltre a 32 persone già fermate il 9 luglio scorso. Sono ritenuti elementi di spicco di due pericolose cosche della ‘ndrangheta di Rosarno.
Oltre ai destinatari del fermo, fra gli arrestati figurano altre 7 persone con ruoli di rilievo nelle due cosche rosarnesi. In particolare, sono emerse le responsabilità penali di quattro donne. Con le loro condotte hanno apportato un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti dell’articolazione mafiosa. Favorendo infatti la veicolazione dei messaggi fra i vari affiliati. Anche con quelli detenuti. E gestendo in prima persona le iniziative imprenditoriali avviate per riciclare il denaro ricavato dal narcotraffico.
Il 9 luglio ben 31 arresti per persone appartenenti ad alcune cosche di Rosarno
I carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura della Repubblica di Reggio Calabria – Direzione distrettuale antimafia. E’ stata diretta dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri. Nei confronti di 31 persone appartenenti o contigue alle cosche ‘Cacciola’ e ‘Grasso’. Radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Ed anche tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di droga, danneggiamento, minaccia. Infine intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. Il provvedimento costituisce la sintesi di un complesso lavoro di ricostruzione degli assetti e degli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola. Sono stati documentati nel corso tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia. Ed attualizzati da un’articolata attività investigativa, avviata nel settembre 2017 dai militari del Nucleo investigativo del Gruppo carabinieri di Gioia Tauro sotto la direzione della locale Direzione distrettuale antimafia, con il coordinamento del procuratore aggiunto Gaetano Calogero Paci e del sostituto procuratore Adriana Sciglio.