‘Ndrangheta, picchiato pentito: “Rimangiati quello che hai detto”

Commercialista di 53 anni pestato mentre rientrava nella sua abitazione segreta in Emilia Romagna

BOLOGNA (Domenico Cicalese) Si sono appostati sotto casa sua, hanno aspettato il suo arrivo e poi l’hanno picchiato. E’ l’ultimo fatto di ‘Ndrangheta avvenuto tre settimane fa e venuto a galla solo ieri. Vittima del raid punitivo Paolo Signifredi, 53enne collaboratore di giustizia di Baganzola di Parma, mentre stava rientrando nell’abitazione segreta prevista dal sistema di protezione in cui è incluso. L’uomo è stato condannato perché ritenuto vicino al boss di ‘ndrangheta Nicolino Grande Aracri, nonché commercialista della cosca omonima.

Il pestaggio e le minacce

La notizia del pestaggio, avvenuto lo scorso mercoledì 18 aprile, è emersa lunedì a seguito dell’assenza dell’uomo ad alcune udienze a cui avrebbe dovuto prendere parte contro le cosche. Processo peraltro che vede tra gli imputati anche Massimo Ciancimino, figlio di Vito, ex sindaco di Palermo. Agghiacciante il racconto del commercialista 53enne. “Quando ti riprendi rettifica tutte le dichiarazioni che hai fatto”, sarebbero le minacce che l’uomo ha riferito, al suo legale Maria Teresa Pergolani, di aver subito durante il pestaggio. Signifredi ha riportato gravi lesioni ma non rischia la vita.

Testimonianze ritenute ‘pesanti’ dai boss di ‘ndrangheta

Il 53enne è stato in passato il patron del Brescello Calcio ed è già condannato nel procedimento gemello ‘Pesci’ a Brescia. Cominciò a collaborare nell’agosto 2015. Come riferisce il suo legale, l’uomo è coinvolto in quattro processi già in corso e le sue dichiarazioni sono agli atti di una dozzina tra distrettuali antimafia e procure ordinarie. E forse le sue ultime dichiarazioni non sono piaciute ai vertici della ‘ndrangheta. In una deposizione del 2015 accennò alcuni dettagli del suo rapporto con la cosca: “Durante la mia detenzione nel carcere di Voghera c’era nella mia stessa sezione il detenuto Antonio Rocca (ritenuto insieme a Francesco La Manna il referente della cosca per il mantovano). Ogni giorno mi minacciava dicendomi che avrei dovuto iniziare a collaborare, perché lui non poteva farlo, altrimenti avrebbe sciolto nell’acido o dato da mangiare ai maiali, come si faceva giù, sia me che la mia famiglia”.

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