NAPOLI – Padrini e padroni del quartiere, a tutti gli effetti. E’ così che appaiono i De Micco–De Martino, il clan uscito vincitore dal lungo ed estenuante scontro armato contro i De Luca Bossa–Casella–Minichini. I seguaci di ‘Bodo’ e ‘Xx’, come sono soprannominati i capi Marco De Micco e Antonio De Martino, hanno studiato una strategia per intralciare il lavoro delle forze dell’ordine. All’ombra delle palazzine basta il passaparola affinché la comunicazione giunga a tutti i destinatari: di sera, non appena cala il sole, le telecamere degli impianti di videosorveglianza delle attività commerciali vanno tenute spente. Così parlarono i boss. E così obbediscono gli esercenti. Difficile pretendere una reazione opposta.
Il quartiere è totalmente nelle mani del cartello criminale. E non mancano, certo, le solite dimostrazioni di potere. Le sfilate di scooteroni con in sella gli uomini del clan armati fino ai denti, ad esempio. Difficile quantificare quelle avvenute negli ultimi mesi. Altre dimostrazioni di potere sono le passeggiate sotto casa degli avversari. Come quella che Marco De Micco, come raccontò ‘radio marciapiede’, fece la scorsa estate, assieme alla moglie, nel rione De Gasperi, fortino storico del clan Sarno, poi feudo dei De Luca Bossa. Il gruppo oggi a capo del quartiere si è ricompattato grazie al peso del boss Marco De Micco, tornato in libertà la scorsa primavera dopo una lunga detenzione alcuni mesi fa, quando la faida era già in atto.
Il quartiere di Ponticelli era attraversato dalle tensioni generate dal gruppo dei De Martino che avevano aggredito preventivamente. Come fattore di coagulazione e rafforzamento De Micco è uno dei soggetti che è rimasto sotto osservazione fin da quando è tornato libero. Numeri alla mano la guerra di Ponticelli, ha generato almeno sei feriti e due morti ammazzati (tra cui Carmine D’Onofrio, incensurato e figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa), oltre agli ordigni e agli avvertimenti col piombo. Una guerra che scoppiò nel settembre 2020 a causa di attriti nati dalle cosiddette ‘mesate’, ovvero i soldi destinati ai carcerati che i De Martino non percepivano più. Questi ultimi chiesero un summit che ebbe luogo, sembrava una questione risolta, ma i soldi non arrivarono. Questo generò la reazione armata e la reazione a catena.