Nel Paese delle macerie si parla solo di ddl Zan

Magari fosse solo il ‘tema del giorno’. Sono settimane che l’informazione mainstrem dedica pagine di giornali e ore di diretta tv a un solo argomento: la legge Zan. Pur di poter dire la sua l’italiano medio è stato costretto riaprire il libro di storia, giusto per saperne qualcosa di più del Concordato Stato-Chiesa, ed è riuscito per una volta a essere più preparato dell’onnipresente Fedez. Miracolo del social talk. Il rischio di sembrare ciò che non si è, quando si mettono sul tavolo certe questioni, è altissimo. Ma voglio correrlo, sapendo chi sono, chi rappresento e cosa accade in Italia se solo proviamo a distogliere lo sguardo dal nostro metro quadrato di comfort zone.
Il Paese è devastato. La pandemia, ci dice la Bce, ha fatto perdere alla zona Euro due anni di crescita: se tutto va bene, e non è affatto detto, non riusciremo a raggiungere il livello precrisi prima della fine dell’anno prossimo.
Il numero di persone che l’Istat (dato 2020) definisce ‘povere’ è spaventosamente alto: 5,6 milioni di italiani vivono in condizioni di ‘povertà assoluta’, un milione in più rispetto all’anno precedente. Chi ha la fortuna di avere un reddito dal 1° luglio dovrà tornare a pagare le cartelle esattoriali, con lo stop alla norma che ha impedito alle aziende di licenziare in piena pandemia milioni di lavoratori rischiano di trovarsi disoccupati. Insomma, lo scenario è apocalittico e nemmeno i green pass e le white list sono in grado di farci vedere i colori dell’estate. Figuriamoci quelli dell’arcobaleno, simbolo delle lotte per le libertà.
Che la discussione “sulla violenza e le discriminazioni per motivi di genere, sesso, disabilità e orientamento sessuale” su cui punta i fari il Ddl Zan sia necessario e utile è fuor di dubbio. Che un Paese, il nostro, abbia bisogno di strumenti normativi, anche repressivi, se in ballo c’è la tutela delle Persone (e non a caso uso la maiuscola) è fuor di dubbio. Ce lo chiede l’Europa, peraltro, nero su bianco. Ma che il dibattito in questi mesi sia appiattito solo questi temi no, non va bene.
Parliamo ‘anche’ di ddl Zan, non ‘solo’ di ddl Zan. Parliamo delle industrie che delocalizzano e chiudono: solo ieri i dipendenti della Whirlpool erano in piazza. Di nuovo. Come da mesi ormai. Parliamo dei piccoli imprenditori danneggiati dalla crisi, di quelli che ieri alzavano le serrande per tre, quattro, dieci dipendenti e oggi sono in fila con loro alle mense della Caritas. Parliamo della cassa integrazione Covid ferma ai primi mesi del 2021, parliamo dei ristori ridicoli del governo, delle misure ‘beffa’ prese per i ristoratori, per gli artisti, per tutti quei settori che ancora non vedono la luce in fondo al tunnel.
Non ci sono diritti civili senza diritti, che sia ben chiaro. Che si dedichi – e mi riferisco alla politica, innanzitutto, ma pure al mondo dell’informazione e della divulgazione – spazio anche alle innumerevoli ferite aperte di questo Paese. Anzi, ai feriti più che alle ferite. Solo così il dibattito sul ddl Zan sarà sincero e dignitoso, diversamente il rischio è quello di svilirlo usandolo come arma di distrazione di massa.

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