Nell’ultimo incontro con i giornalisti a Salerno, il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha fatto luce sulla situazione di Patrick Zaki, cittadino egiziano detenuto da oltre tre anni, e sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano brutalmente ucciso nel febbraio 2016. Entrambi i casi hanno suscitato indignazione e richieste di giustizia, ma le loro vicende si differenziano profondamente.
Patrick Zaki e Giulio Regeni: le vicende
Patrick Zaki è diventato un simbolo della lotta per i diritti umani in Egitto. Nel febbraio 2020, è stato arrestato in Egitto per presunti reati politici e da allora è rimasto in prigione. Zaki era accusato di fare propaganda tendenziosa con le false informazioni contenute in un suo articolo in cui denuncia le discriminazioni contro i cristiani copti in Egitto. La sua detenzione ha attirato l’attenzione internazionale e il sostegno di diverse organizzazioni umanitarie, che hanno chiesto la sua liberazione e l’indagine su presunti abusi subiti durante la detenzione. Tuttavia, come ha chiarito Tajani, la decisione sulla sorte di Zaki spetta all’Egitto, essendo lui cittadino di quel paese.
Giulio Regeni, invece, era un giovane ricercatore italiano che stava svolgendo ricerche sul sindacalismo in Egitto quando è scomparso nel febbraio 2016. Il suo corpo fu ritrovato senza vita, con segni evidenti di tortura. La sua morte ha scatenato indignazione e richieste di giustizia da parte dell’Italia e della comunità internazionale. Tuttavia, fino ad oggi, l’identità dei responsabili non è stata chiaramente stabilita, e le richieste per processare gli agenti segreti egiziani coinvolgiti sembrano al di là delle possibilità reali.
Entrambi i casi hanno a che fare con gravi violazioni dei diritti umani, incluso l’uso della tortura, ma la loro gestione e risonanza mediatica sono state diverse. La vicenda di Zaki è stata mediatica fin dall’inizio, grazie a una copertura costante in Italia, il suo paese di adozione, e ha ricevuto un sostegno internazionale significativo. D’altra parte, il caso di Regeni ha attirato l’attenzione del mondo solo dopo la scoperta del suo corpo senza vita, quando la possibilità di ottenere giustizia era già fortemente compromessa.
Tajani risponde
La domanda cruciale che emerge è come trattare con stati autoritari come l’Egitto, che presentano sfide complesse per la comunità internazionale. Tajani ha fatto notare che con paesi come l’Egitto, la diplomazia può giocare un ruolo significativo. Da un lato, è importante perseguire la giustizia e chiedere responsabilità per le violazioni dei diritti umani. Dall’altro, bisogna anche essere realisti riguardo alle possibilità di successo in tribunali stranieri, soprattutto quando si tratta di agenti segreti di un altro paese.
“Non c’è mai stato alcun baratto. Noi abbiamo sempre lavorato per liberare Zaki. Ovviamente, essendo lui cittadino egiziano, è sempre una decisione egiziana. E poi abbiamo continuato a lavorare sempre per avere la verità su Regeni. Un risultato l’abbiamo portato a casa, adesso lavoriamo per portare a casa il secondo. Per Regeni stiamo continuando a chiedere di darci tutte le informazioni necessarie per poter procedere nel processo.” ha aggiunto.
Su Al-Sisi
La situazione geopolitica complessa dell’Egitto, con il suo presidente Al Sisi, ha reso la situazione ancora più delicata. Al Sisi, un leader militare considerato dai cristiani copti la soluzione “meno peggio” rispetto ai Fratelli Musulmani, è un interlocutore con cui l’Europa deve negoziare, soprattutto per questioni energetiche e di stabilità nella regione. Tuttavia, ciò non può e non dovrebbe giustificare un silenzio sulla violazione dei diritti umani.
Tajani ha sottolineato che “abbiamo avuto sempre grande disponibilità da parte del presidente Al Sisi. A chi diceva che ci facevamo prendere in giro, abbiamo dimostrato che la serietà del governo, la serietà della diplomazia, la serietà dell’intelligence hanno portato a casa risultati positivi. Così come liberammo ricordo Alessia Piperno dalle carceri dei pasdaran in Iran, quindi senza fare clamore, senza minacce, senza urli, senza strilli, senza fare manifestazioni otteniamo risultati importanti”, ha concluso il titolare della Farnesina.
La vicenda di Patrick Zaki e Giulio Regeni mette in luce le sfide morali e politiche che si devono affrontare quando si tratta di bilanciare interessi nazionali e il rispetto per i diritti umani. È importante continuare a sostenere la lotta… anche se le probabilità di vedere processati gli agenti segreti egiziani in tribunali italiani sembrano esigue.