Roma (LaPresse) – “E’ già successo tutto e più di tutto, per dimostrare che bisogna darsi una mossa. E’ ora di mandare in archivio un’esperienza che non ha funzionato, che la gente ritiene non rappresenti più un Paese che ha mille difficoltà. Va costruita un’operazione nuova, che lavori sul civismo e sulle tante forze che ci sono nel Paese per mettersi in gioco e che non lo fanno certamente entrando nel Partito democratico“. Così Carlo Calenda, ex Ministro dello Sviluppo Economico nei governi Renzi e Gentiloni, ai microfoni di ‘6 su Radio 1’ parla del futuro del Pd.
Le stoccate dell’ex ministro al partito
Tabula rasa della classe dirigente attuale? “No – prosegue Calenda – io credo che anzi si debbano tenere le persone che possono offrire un contributo. E lo possono fare anche in ruoli di retrovia, le classi dirigenti non sono per sempre e questo vale in primo luogo per me. Dunque penso ci voglia un fortissimo rinnovamento in cui ognuno possa e debba fornire un contributo. Il Pd non può più essere un partito i cui membri della classe dirigente passano il tempo a discutere sulle date del congresso e delle assemblee e non si capisce nulla. Le prossime elezioni a mio avviso non saranno lontane – ha proseguito poi l’ex ministro.
“Quindi le si affronti costruendo un movimento che metta insieme la parte che ha funzionato del governo nazionale e delle amministrazioni locali, con forze ed energie nuove, come ad esempio ha fatto Pizzarotti con una operazione che ha messo insieme tanti sindaci capaci, ma anche tante esperienze civiche positive nel Paese, e personalità che rappresentano mondi importanti come Enrico Giovannini per la sostenibilità, Marco Bentivogli per il mondo sindacale. Per recuperare al centrosinistra uno spazio di rappresentanza di mondi che appartengono al nostro dna ma che oggi non si ritrovano più nel Partito Democratico.
Il Pd non ha compreso le paure degli italiani
“Il punto e’ che il Pd come partito ha dato dei messaggi molto aggressivi dimostrando di non comprendere nel profondo le paure degli italiani. La misura degli 80 euro, ad esempio io non la condivisi da subito, sostenendo che sarebbe stato meglio abbassare le tasse sul lavoro, aumentando cosi l’occupazione. D’altro canto va detto che siamo stati i primi a introdurre il reddito di inclusione, i dati Istat sulla povertà sono drammatici in questo senso, che va rafforzato ma è stata la prima volta che si è affrontato veramente il tema di avere un ammortizzatore universale contro la povertà“.