ROMA – In attesa del d-day delle primarie e del confronto a tre di giovedì fra i candidati alla segreteria il Pd prova a serrare i ranghi e chiamare a raccolta i propri elettori. “Conto di andare sopra il milione di votanti”, dice Nicola Zingaretti. Una previsione, o meglio una speranza, che arriva dopo le elezioni regionali della Sardegna dove si è avuta la dimostrazione che “il popolo del centrosinistra c’è”. Un mondo “che si è disperso ma si riunisce o conquista nuove posizioni quando c’è un candidato credibile”, argomenta ancora il governatore del Lazio.
Il centrosinistra riparte dalle elezioni in Sardegna
La pensa allo stesso modo pure Maurizio Martina che, pur non festeggiando, prende atto con soddisfazione dei “passi avanti” fatti. Un inversione di tendenza arrivata anche grazie all’alleanza con coalizioni civiche. Quella di allargare il bacino di utenza dem è una sfida che i tre candidati hanno intenzione di combattere insieme, le differenze sulla visione del Pd del futuro però restano.
La linea di Giachetti e la difesa di Renzi
Roberto Giachetti prosegue nel suo rivendicare con forza il lavoro fatto dal governo di Matteo Renzi. L’ex candidato a sindaco di Roma era arrivato a minacciare l’addio al partito in caso di accordo con il M5S, su questo punto però è proprio l’ex premier a tranquillizzarlo. “E’ un’ipotesi che non c’è – dice nel salotto di Porta a Porta – tutti e tre hanno smentito e io mi dichiaro soddisfatto. Al nuovo segretario faccio un augurio: quello di non passare quello che ho passato io”.
Il monito di Martina e Zingaretti: no alle divisioni interne
La parola ‘fuoco amico’ insomma non deve più essere accostata in nessun modo al Partito Democratico. “Basta polemiche all’interno. La mia parola d’ordine è unità. Non ne possiamo più di divisioni al nostro interno. Credo in un Pd unito e plurale”, dichiara senza giri di parole Maurizio Martina manifestando la volontà, in caso di vittoria, di fare una segreteria unitaria pure con gli altri candidati. Nicola Zingaretti, dal canto suo, evoca la fine della “casa dei serpenti”, e a tal proposito si toglie un sassolino dalla scarpa smontando sul nascere la ‘questione Leu’. “E’ un problema inventato dai miei avversari alle primarie perché loro stessi hanno detto di non voler rientrare nel Pd”, spiega.
L’alternativa dem al crollo del M5S e allo strapotere della Lega
L’ascia di guerra sembra essere rivolta solo e solamente verso il governo dove Di Maio, dice Zingaretti, “è chiuso nel bunker senza voler vedere ciò che gli accade intorno”. Un M5S subalterno alla Lega che i candidati alla segreteria dem sperano di potersi mettere alle spalle anche a livello nazionale, come accaduto in Sardegna, per puntare poi a Matteo Salvini che vola con il vento in poppa. Prima di guardare in casa degli atri però, c’è da conquistare la leadership nella propria.
(LaPresse/di Andrea Capello)