NAPOLI – Rispettare il pianeta, imparando a non privarlo delle sue risorse. La salvaguardia dell’ambiente passa anche per il carrello della spesa: sono le nostre piccole scelte quotidiane a fare la differenza. Ciò riguarda anche il consumo di pesci, crostacei e molluschi che finiscono sulle nostre tavole. Dovremmo imparare, in prima persona, a proteggere i mari dallo sfruttamento eccessivo. Negli ultimi anni, a causa dell’enorme aumento della domanda, gli stock ittici di tutto il mondo sono ai limiti dello sfruttamento. Sulle nostre tavole c’è infatti più pesce di quanto se ne possa pescare nei nostri mari, o allevare nei nostri impianti di acquacoltura. Ne consegue che molto più della metà della domanda nazionale di pesce è soddisfatta dal resto degli oceani, tutte risorse ittiche che vanno importate e vengono prodotte non seguendo le regole in vigore nel nostro Paese.
I CONSIGLI DI ALTROCONSUMO
Per fare scelte ecologiche è utile conoscere le specie più sostenibili. Altroconsumo ha diffuso una guida per conoscere, e quindi meglio apprezzare, le risorse ittiche che troviamo tra i banchi del mercato. Per prima cosa è bene sapere che di norma le specie più consumate hanno un forte impatto sull’ambiente. Ne sono un esempio lampante salmone, tonno, pesce spada e crostacei, che rappresentano gli esemplari di pesce più insostenibili. Bene invece le specie del Mediterraneo che sono anche meno costose come sgombro, sarda, spigola e lampuga.
PESCE INSOSTENIBILE
Il pesce spada è minacciato dalla pesca di frodo, soprattutto sugli esemplari più giovani, la cui scomparsa mina la riproduzione e quindi la sopravvivenza dell’intera specie. Il tonno è sovrasfruttato, quello rosso è a forte rischio estinzione. Male anche i gamberi tropicali, poiché per far spazio agli allevamenti intensivi vengono deforestati periodicamente diversi chilometri quadrati di Mangrovie, con effetto distruttivo, non solo sulla vegetazione, ma anche sulla fauna che popola le foreste marine. Merluzzo dell’Atlantico, cernia bruna del Mediterraneo e dentice sono specie a crescita lenta, non riescono a reggere i ritmi di pesca. Altre specie da non acquistare sono palombo, verdesca, smeriglio, vitella di mare che hanno bassa fecondità e tempi di riproduzione molto lunghi: mette a rischio gli stock e turba l’equilibrio dell’intero ecosistema marino.
SALMONE
Il salmone si trova ormai sulle tavole di tutto il mondo e per soddisfare l’incessante richiesta si sono sovrasfruttati gli stock di Atlantico, America Settentrionale, Europa e Mar Baltico. Per compensare la carenza in mare si è fatto ampio ricorso agli allevamenti. Una grande inchiesta sull’industria scozzese del salmone, pubblicata da una rete globale di Ong in 30 paesi e guidata dall’organizzazione per il benessere degli animali d’allevamento ‘Compassion in World Farming’, ha messo in luce come gli allevamenti siano dannosi non solo per il benessere degli animali, ma anche per l’ambiente. I rifiuti organici e chimici degli allevamenti stanno cambiando la chimica dei sedimenti e uccidono la vita marina sul fondo del mare. I rifiuti degli che ne derivano possono portare a una cattiva qualità dell’acqua e a fioriture algali nocive.
COSA COMPRARE
Molte specie di pesce possono essere acquistate e consumate senza gravare sull’ambiente. Sono pesci meno cari ma altrettanto saporiti e a basso impatto ambientale. La lampuga del Mediterraneo non è a rischio impoverimento e ha un tasso di crescita rapido, quindi, la pesca commerciale non le crea problemi. Stesso discorso per il tonnetto alletterato molto simile alla qualità ‘pinna gialla’. Mettiamo nel carrello anche, l’occhiata (pesce azzurro), l’aguglia (simile a un piccolo pesce spada), la palamita (presidio slow food), sgombri, sarde e zerri, ecologici ed economici. Ottimi anche il cefalo (o muggine), specie abbondante e diffusa nel nostro mare, e la ricciola, molto diffusa in Sardegna, ma in particolari periodi dell’anno. Infine, mangiamo senza problemi spigole (o branzini) e orate, specie principalmente allevate.
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