Pestaggio in piazza, 4 arresti

Un 18enne preso a pugni e rinchiuso nel cofano di un’automobile. Un indagato è finito in cella, per gli altri tre disposti i domiciliari. Ad innescare l’aggressione sarebbe stata la gelosia del ragazzo picchiato nei confronti della ex

MACERATA CAMPANIA – Una spedizione punitiva andata in scena un anno fa in piazza De Michele: e i quattro giovani che sarebbero stati protagonisti di quell’aggressione sono stati arrestati, ieri mattina, dai carabinieri su ordine del giudice Emilio Minio del Tribunale di S. Maria Capua Vetere. Saverio Padovano, 25enne di Marcianise, è stato portato in carcere, mentre sono stati disposti gli arresti domiciliari per Mattia Larino, 22enne, Domenico Piccirillo, 21enne, e Leonardo Marino, 19enne, tutti di Macerata Campania. A loro la Procura contesta, a vario titolo, i reati di lesioni personali aggravate, violenza privata e sequestro di persona.

L’inchiesta, coordinata dal pm Gerardina Cozzolino, che ha fatto scattare le manette è stata condotta dai carabinieri di Macerata Campania a seguito della denuncia sporta dal diciottenne vittima dell’aggressione verificatasi nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2023.
Il ragazzo, mentre si trovava in compagnia di alcuni amici, fu prima colpito con dei pugni al volto e poi trascinato per i capelli, impedendogli di fuggire, all’esterno dell’abitacolo dell’auto dove si trovava. Lo portarono successivamente fino al gazebo presente in piazza e qui lo costrinsero a salire nel bagagliaio di una Range Rover che era in uso a Padovano. E dopo poco fu abbandonato sul ciglio di una strada della periferia di Macerata. I colpi che gli aggressori sferrarono al 18enne gli causarono, come certificato dai medici del pronto soccorso di Marcianise, la frattura scomposta delle ossa nasali.

A puntellare la tesi degli investigatori sono state le dichiarazioni rese da varie persone informate sui fatti, i filmati delle telecamere di videosorveglianza della zona dove si verificò il pestaggio e anche intercettazioni e analisi dei tabulati telefonici. Tutti questi elementi hanno permesso agli inquirenti, ha fatto sapere il procuratore aggiunto Carmine Renzulli, di ritenere fondato che nel gruppo di aggressori ci fossero i quattro destinatari della misura cautelare.

L’attività investigativa svolta ha tracciato come possibile movente dell’episodio criminoso la gelosia dimostrata dalla vittima nei confronti della sua ex fidanzata.

Logicamente Padovano, Larino, Marino e Piccirillo sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. Nel collegio difensivo, gli avvocati Giuseppe Foglia, Luca Viggiano e Armando Aprea.

Larino a dicembre guadagnò l’attenzione delle cronache locali perché fu arrestato insieme a Ivano Belforte, figlio di Benito Belforte (fratello di Domenico e Salvatore, boss dei Mazzacane). Larino e il parente dei mafiosi di Marcianise furono arrestati con l’accusa di estorsione ai danni di un giovane di San Prisco.

Munizioni e droga trovate dai militari a casa di Padovano

Nel corso dell’esecuzione delle quattro misure cautelari, i carabinieri della stazione di Macerata Campania hanno trovato nell’abitazione di Saverio Padovano, a Marcianise, anche una pistola ad aria compressa priva di tappo rosso, una dose di cocaina dal peso di 2,2 grammi, 10 munizioni calibro 6,35, 5 calibro 9, una calibro 38 special, un bossolo calibro 357, un bilancino di precisione e una cassetta di sicurezza intrisa di stupefacente.
Proprio Padovano, secondo il gip Emilio Minio, è l’indagato che nel branco avrebbe assunto un ruolo preponderante rispetto agli altri ipotizzati correi nella realizzazione della spedizione punitiva. Non avrebbe mai desistito dal proprio proposito criminoso, anche quando la persona offesa aveva riportato delle evidenti lesioni al volto. Il giudice ritiene che non sia in grado di controllare le sue pulsioni antisociali, considerazione che lo hanno spinto a ritenere il carcere come l’unica misura da applicare in grado di evitare che possa commettere di nuovo atti delittuosi.
Se per Larino, Piccirillo e Marin sono stati disposti i domiciliari, è perché avrebbero ricoperto una posizione più defilata rispetto a Padovano nell’aggressione.

La vittima: “E’ stata un’imboscata”

“Ci siamo trovati alle spalle, come se fosse stata un’imboscata, circa quattro o cinque persone”: sono le parole della vittima raccolte dai carabinieri il giorno dopo il pestaggio. “Ero davanti alla farmacia, nella piazza principale di Caturano, con alcuni miei amici”. Non riuscì a vedere in volto i componenti del branco che iniziarono a pestarlo: “Mi è stato sferrato un violento pugno, probabilmente anche con un tirapugni, sulla parte destra del volto. Ero stordito. Quando ho subito un secondo colpo al viso, all’altezza del naso, sono svenuto. Non ho capito nulla di quello che è successo. Ricordo i loro accenti, li ho riconosciuti, erano di Marcianise o zone limitrofe”. Quando rinvenne, il ragazzo ha riferito di essersi ritrovato nel cofano di un’auto: “Ho aperto gli occhi e subito sono svenuto ancora. Mi sono svegliato seduto a terra, da solo, in una strada di cui non ricordo il nome, ma posso dire che di fianco a me vi era una boutique di tessuti. Dopo l’edicola di via Mazzini, Le Follie, c’è una stradina a destra. Io ero proprio all’inizio di quella via. Non mi hanno chiesto soldi dopo avermi caricato di peso in auto: mi hanno solo picchiato violentemente. Chiamai uno dei miei amici e gli chiesi di venirmi a prendere in via Trieste”.
Una delle ragazze presenti in piazza raccontò alla vittima che pure lei fu sbattuta per aria dal branco. Un altro suo amico, invece, gli riferì di aver provato a scappare con la sua macchina, ma fu buttato giù. In realtà, l’indagine dei carabinieri ha tracciato una scena leggermente diversa rispetto al primo racconto reso dal 18enne pestato. La vittima ai carabinieri nella denuncia racconta di aver perso i sensi ed invece appare camminare, afferrata dagli aggressori e logicamente frastornata, sulle sue gambe. E avrebbe anche la possibilità di vedere bene i volti di alcuni picchiatori. Anche gli altri testimoni presenti in piazza De Michele nei primi interrogatori si sono mostrati reticenti: hanno negato di aver visto gli aggressori. Ma grazie alle conversazioni intercorse tra loro nella sala d’attesa della stazione dei carabinieri, intercettate, è emerso che sulla storia più informazioni rispetto a quelle che avevano dato. E così, riascoltati dai carabinieri, dinanzi anche alle immagini della scena riprese dalla videosorveglianza, si sono ‘sbottonati’ consentendo agli investigatori di tracciare le identità di alcuni dei presunti aggressori.

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