ANKARA – L’enfasi narrativa dei vecchi cinegiornali Luce l’avrebbero definita “una folla oceanica”. Ma di fatto c’era davvero un mare di persone, centinaia di migliaia secondo le stime, che hanno presenziato alla chiusura della campagna elettorale di Muharrem Ince; il socialdemocratico del Chp che sta sfidando il presidente uscente Recep Tayyip Erdogan e, nel contempo, anche la storia politica della Turchia. Promette un cambiamento Ince, lo ha urlato davanti ai suoi sostenitori. La popolarità di Erdogan si è affievolita e, sondaggi alla mano, si aggirerebbe attorno al 50%. La sfida per un eventuale ballottaggio potrebbe essere davvero all’ultimo voto. E i timori di brogli, quando l’esito è così incerto, sono davvero dietro l’angolo. Timori che non sono stati nascosti da Ince.
Il pericolo di ‘manipolazioni’ dei risultati delle urne
Erdogan, dalla sua, ha dichiarato che è stato organizzato un servizio impenetrabile contro le manipolazioni. Perché mentre Ince arringava la folla; il leader Islamico dell’Akp chiedeva, da un pulpito simile, ai suoi seguaci uno sforzo per ottenere una maggioranza forte per continuare a restare a capo del Paese con poteri maggiorati. Tuttavia quella delle presidenziali non è una corsa a due. Sono sei i candidati che si presenteranno a chiedere il favore delle urne. Se al primo turno nessuno di loro riuscirà a ottenere il 50% delle preferenze, l’8 luglio ci sarà il ballottaggio.
La revisione della Costituzione potrebbe cambiare il sistema parlamentare
La maggior parte dei candidati dell’opposizione ha dichiarato che, in caso di vittoria, interverrà sulla revisione della Costituzione, voluta da Erdogan e oggetto di un referendum nel 2017, e manterrà il sistema parlamentare attuale. Oltre a Erdogan e Ince, c’è Meral Aksener, la prima donna a concorrere per la presidenza, che si presenta sotto la bandiera del Buon Partito, della destra nazionalista. Poi ci sono Selahattin Demirtas (nominato candidato del Partito democratico dei popoli); Temel Karamollaoglu (Partito della Felicità, conservatore e islamista) e infine Dogu Perinçek, a capo del Partito Patriota (Vatan), di sinistra.