Presidenzialismo e riforma Calderoli, regna la confusione

Raffaele Carotenuto

Come si coniugano presidenzialismo e autonomia differenziata, decentramento di competenze, senza meccanismi di salvaguardia dell’unità nazionale, e previsioni del PNRR?
Nelle prime mosse del governo di centrodestra vi è, allo stato, una confusione nella direzione di marcia che non parrebbe immaginare una visione compatta del paese, non lasciando intravedere un programma capace di recuperare gli squilibri e le disparità territoriali esistenti.
Mentre il presidenzialismo, e/o semi-presidenzialismo, prevede l’accentramento dell’esecutivo nelle mani del capo dello Stato, eletto direttamente dal popolo (modifica Costituzionale), l’autonomia differenziata, e/o secessione dei ricchi, determinerebbe il trasferimento dei diritti fondamentali in capo alle Regioni, mediante leggi ordinarie e contrattazione delle materie oggetto di trasferimento, anche singolarmente. Un vero e proprio guazzabuglio istituzionale che, da un lato tenta di “accentrare” le funzioni fondamentali con procedimento straordinario, e dall’altro si propone di “decentrare” le medesime funzioni tramite la cosiddetta “amministrativizzazione” dei servizi essenziali e irrinunciabili (legge ordinaria).
L’ennesima versione di autonomia differenziata del ministro Roberto Calderoli è addirittura peggiorativa, non solo nei confronti del dibattito degli anni precedenti, ancorché grave, ma anche e soprattutto nei confronti dell’Europa, quell’organismo che ha chiesto un riallineamento degli indicatori macroeconomici tra le due Italie.
Infatti, il PNRR stabilisce che il Sud abbia una priorità trasversale a tutte le missioni previste dal piano di aiuti europei, al fine di migliorare la qualità e il livello dei beni e dei servizi pubblici essenziali. Ovvero, i programmi infrastrutturali finalizzati a riequilibrare le condizioni socio-economiche del Mezzogiorno devono prevedere “precise” dotazioni finanziare da allocare su ognuno degli assi prescelti (6).
La filosofia del prestito UE, pertanto, mira a recuperare le disuguaglianze tra Nord e Sud del paese, perché è consapevole dell’esistenza di territori in difficoltà, del fatto che una parte dell’Italia è in ritardo di sviluppo. Il progetto di autonomia della Lega, al contrario, non prevede nessuna forma di riallineamento tra Nord e Sud, si propone solo di accentuare le ricchezze del primo e lasciare nello stato di disagio le Regioni più povere, in una prospettiva di possibile ulteriore peggioramento. Storicamente, una riforma senza soldi si è sempre rivelata una controriforma.
Ma il limite politico di egual misura, rispetto alla divisione dell’Italia, risiede anche e soprattutto nei programmi del centro e della sinistra.
Mentre il PD prevede, candidamente, “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni”, il M5S non esclude categoricamente l’autonomia differenziata, ammettendola solo dopo la definizione dei LEP. Infine, il cosiddetto terzo polo di Renzi e Calenda preferisce non parlare direttamente dell’autonomia, ma individuerebbe, genericamente, una clausola di supremazia dello Stato centrale in casi di conflitti istituzionali, per la salvaguardia dell’unità giuridica ed economica della Repubblica.
”Grande” è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente!”

di Raffaele Carotenuto
Scrittore e meridionalista

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