Il giorno della Bandiera

VINCENZO D' ANNA FORZA ITALIA FITTIANO

“Sono la tua bandiera, rappresento l’Italia, la tua Patria. Ricordati di me, onorami, rispettami, difendimi, sono simbolo unico di concordia e fratellanza. Fin quando sventolerò libera nelle tue strade, tu stesso sarai libero: falla sventolare dalle tue finestre, mostra a tutti che sei italiano”. Queste le parole che compaiono sul manifesto celebrativo del giorno dedicato al “Tricolore”, simbolo delle nostre radici, della nostra identità, del valore di quanti immolarono la vita per difendere tale vessillo e, con esso, la Nazione. Parole semplici, che non lasciano spazio alla ridondanza ed alla retorica patriottarda, che hanno avuto sempre un valore fino a quando sui banchi di scuola si è studiata la storia d’Italia nei frangenti di epoche già vissute ma non affatto tramontate. Gran parte dei nostri giovani non hanno più ricevuto quegli insegnamenti. Al loro posto, una pedagogia d’accatto, ha indicato valori astratti e trascendenti, privi di riferimento storico specifico. Per tanto tempo, troppo, è stata in auge la negazione dell’identità nazionale, il significato stesso di legame con la propria terra in favore di un astratta appartenenza all’internazionalismo, ovvero si è detto ai giovani di dover essere cittadini del mondo senza alcun riferimento al proprio Paese. Non a caso la bandiera, fuori dalle caserme e dalle sedi istituzionali, la si è sventolata spesso per le “sole” partite della Nazionale di calcio e nel corso delle scalmane seguite ad ogni vittoria dei nostri atleti. Un’abitudine che implicitamente ha finito col relegare il tricolore a rappresentare le identità sportive confinandolo nell’angolo dei simboli in uso da ogni tifoseria. I cattivi maestri e gli intellettuali organici di certa sinistra l’hanno accantonato come simbolo di un passato che non ha più ragion d’essere o peggio ancora, come espressione dello sciovinismo e del nazionalismo retrivo ed anacronistico. Questi, con lo zelo degli indottrinati, si sperticano perché si canti “bella ciao” e non il canto degli italiani, pretendono che le nuove generazioni abiurino il credo della Patria trasfigurandolo in ricordo della solo lotta partigiana, peraltro mitizzata ed ampliata della sua veritiera dimensione. Gli è che i giovani indotti a non coltivare idealità e valori, finiscono per ritenersi estranei anche a quelle forme che inneggiano ad episodi circoscritti della nostra storia. Ne viene fuori un oblio generalizzato verso tutte le ricorrenze ritenute cose ormai passate e prive di poter essere rinverdite e ricordate nell’attualità. Aver cancellato l’insegnamento della Storia delle scuole, soprattutto di quella nazionale, ha creato scetticismo e menefreghismo nei giovani, pronti invece a rincorrere le più disparate mode provenienti dall’estero. Vedere con quanta solennità gli Inglesi onorano la loro storia e le ricorrenze fatidiche, gli Americani si ritrovano nei momenti più bui intorno alla bandiera a stelle e strisce, i Francesi si inchinano davanti al loro tricolore, induce a ritenere che gli Italiani siano un popolo sciatto e soggetto alle mode, in particolare quelle importate. Indro Montanelli, caustico e veritiero, amava ripetere che siamo un popolo di contemporanei, gente che ignorando la propria storia di popolo, ritiene di non aver né ascendenti, né discendenti. Parliamoci chiaro: siamo persone eccezionali nel nostro ingegno anarchico, capaci di realizzare e di raggiungere mete egregie in molti campi, ma mai però di agire in un contesto identitario nazionale. Un vezzo che si riverbera anche nel campo dell’agire politico. Non sono pochi, infatti, quelli che guardano al proprio orticello contemporaneo, inseguendo la cronaca e giammai la storia, il solipsismo di pensare all’interesse contemporaneo e poco o niente alle future sorti delle generazioni che verranno. Governare facendo leva sul debito pubblico crescente, significa gratificare i contemporanei addossandone i costi alle generazioni future. Ed è questa mancanza di visione della Nazione in quanto espressione di tutti gli Italiani, di quelli che ci sono stati, ci sono e che ci saranno, che induce la mentalità che tutto debba consumarsi nella e per la quotidianità. La ricchezza di un Paese esorbita gli aspetti materiali ed economici, come per l’onorabilità delle persone, che consiste nella serie di attributi civici e morali che una determinata comunità riconosce ad una persona, ma si integra con la propria storia patria. Poco più di un secolo addietro, durante la Prima Guerra Mondiale, allorquando gli  austro-ungarici sfondarono a Caporetto minacciando di dilagare in tutta la Pianura Padana, furono richiamati alle armi le classi dei diciottenni per schierarle sul greto del Piave e ricacciare indietro il nemico. Giovani pieni di vita e di progetti futuri, che pure si immolarono per la libertà di quelli di oggi. Scoprire il capo e salutare la bandiera significa anche ribadire loro: “Grazie ragazzi, non dimentichiamo quello che avete fatto per noi”.

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