Processo abusi sui chierichetti del papa. Il teste: “Stavo diventando pazzo. Pensai al suicidio”

Kamil, ascoltato oggi, era compagno di stanza della 'vittima'. Quando è arrivato dalla Polonia al Vaticano, nel 2009, aveva solo 13 anni

Foto Vatican Media/LaPresse

CITTA’ DEL VATICANO – Malumori, malcontento, episodi al limite del bullismo. Una volta Kamil Jarzembowski, unico testimone oculare nel processo vaticano per abusi, fuggì dal Preseminario San Pio X all’alba, prese un treno per Venezia dalla stazione di Tiburtina, scese a Padova: “La mia intenzione era di commettere suicidio. Mi mancava un anno e mezzo per finire, ho pensato ‘O divento pazzo o mi suicido'”.

La vicenda

Emerge che fu poi l’arciprete della Basilica di San Pietro, Angelo Comastri, a chiedere all’ex sostituto di Stato del Vaticano, Angelo Becciu, di sostituire il rettore, Enrico Radice. Udienza dopo udienza, i teste parlano di pressioni, ricatti e ritorsioni degni della peggior caserma all’interno dell’istituto che si occupa di reclutare i chierichetti che servono la Basilica di San Pietro, anche durante le messe del Papa.

Il processo in corso in Vaticano vede imputato l’ex tutor Gabriele Martinelli per presunti abusi su un allievo, L.G.. All’epoca dei fatti, i due erano entrambi minorenni. Con lui, accusato di violenza, minaccia e abuso d’autorità, è imputato anche l’ex rettore Radice, accusato di insabbiamenti e di favoreggiamento.

Il teste

Kamil, ascoltato oggi, era compagno di stanza della ‘vittima’. Quando è arrivato dalla Polonia al Vaticano, nel 2009, aveva solo 13 anni. All’epoca, racconta: “Martinelli e L.G. si contendevano le attenzioni di un altro seminarista”. Parla di un rapporto molto strano tra i due, in cui di giorno quasi non si parlavano e di notte si incontravano in stanza. Martinelli preannunciava il suo arrivo con un sms, poi entrava intorno alle 23 e “costringeva” L.G. ad avere rapporti con lui. A volte L.G. lo respingeva, altre volte “subiva” passivamente, “senza trasporto, fermo come un tronco d’albero”, dice davanti ai giudici. Qualche volta, “lo conduceva nella sua stanza da letto, che aveva la chiave, per concludere il rapporto”. “Ho visto questa scena decine di volte”, confessa.

La testimonianza

Quando Martinelli era già all’università, continuava a occuparsi dei turni dei seminaristi, compresi quelli per l’elezione di Papa Francesco a marzo 2013. L.G. secondo Kamil era uno dei privilegiati nei turni: “C’erano tante messe del Papa e per lunghi mesi i quattro seminaristi che potevano servirlo erano sempre gli stessi”. Poi, dopo averne parlato con la “vittima”, Kamil ha iniziato a denunciare la situazione, prima al vicario dell’arciprete di San Pietro, poi direttamente all’arciprete, Angelo Comastri. Dopo le denunce, è stato allontanato dall’istituto.

Quindi si è rivolto al vescovo di Como, monsignor Coletti, con una lunga email, lamentando di essere vittima di ingiustizia (“alcune persone tramano contro di me”, “sono stato attaccato in modo indecente”). Quasi la stessa lettera, sarà poi inviata anche al cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero. Martinelli e L.G., spiega nella missiva, non erano fidanzati: avevano solo “desiderio sfrenato di saziare la loro libido”. Nel corso dell’udienza però più volte tornerà sui suoi passi, dicendo di essersi sbagliato e che la volontà di “saziare la libido” era in verità di Martinelli, L.G. sarebbe stato soltanto una vittima.

(LaPresse/di Maria Elena Ribezzo)

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