MILANO (LaPresse) – Rai Storia, domani appuntamento con ‘Italia, viaggio nella bellezza’. Per 41 mesi, dal maggio 1915 al novembre 1918, l’Italia ha conosciuto gli scenari dolorosi e catastrofici della Grande Guerra. Una guerra combattuta con armi nuove, moderne, con un potere offensivo mai visto prima. Sono soprattutto le mitragliatrici e l’aviazione a fare la differenza. In una guerra che, per la prima volta, costringe anche i monumenti e le opere d’arte a indossare la ‘divisa da guerra’.
Rai Storia, documentario di Calefati e Lo Bianco
Una storia al centro del documentario di Maura Calefati e Lucrezia Lo Bianco per la regia di Stefano Lorenzi. ‘Il patrimonio in divisa da guerra’ in onda sabato 27 ottobre alle 21.10 su Rai Storia per la nuova serie ‘Italia: viaggio nella bellezza’. Realizzata da Rai Cultura in collaborazione con il Mibact. Il documentario – che propone anche interventi dello storico Mario Isnenghi e della storica dell’arte Marta Nezzo – racconta il momento in cui nacque la consapevolezza della fragilità del tessuto monumentale europeo rispetto al potere distruttivo delle armi moderne. Nel 1914, l’invasione della Francia e del Belgio da parte dell’esercito tedesco è accompagnata da gravi ripercussioni. Sul patrimonio storico-artistico e la distruzione della grande cattedrale gotica di Reims scuote l’Europa.
Si parla dei momenti della guerra
L’Italia, a pochi mesi dalla sua entrata in guerra, si preoccupa così per la prima volta di mettere in sicurezza il suo patrimonio artistico e architettonico. Lungo la linea del fronte parte dunque una campagna di tutela che, durerà fino alla fine della guerra e che vedrà protagoniste le città d’arte più a rischio, come Venezia, Padova, Treviso, ma anche le opere conservate nelle chiese di campagna, nei paesini, nelle case private. Un enorme lavoro di pianificazione, catalogazione, messa in sicurezza, trasporto e poi, una volta finita la guerra, di documentazione, restituzione, ricollocazione e risarcimenti.
In tutto quasi sei anni di lavori. Coordinatore e narratore di questa vicenda, l’intellettuale e giornalista Ugo Ojetti che ha lasciato nei suoi scritti della pagine memorabili sul clima di quegli anni: “Trattare d’arte e di monumenti – scrive in ‘Il Martirio dei Monumenti’ del 1917 – trasferirsi per loro nei ricordi del più lontano passato, piangere sulle pietre ferite quando le carni di centinaia di migliaia d’uomini fratelli nostri sanguinano e spasimano, sembra, cittadini, uno svago da oziosi e un diletto da eruditi. Altro s’ha oggi da fare: combattere, resistere, vincere. È un errore. Esso deriva dall’aver per troppi anni separato l’arte dalla vita e considerato l’arte non più un bene e un bisogno di tutti, una continua e viva funzione sociale, un documento solenne e inconfutabile della nostra storia!”.