Reddito di cittadinanza, Alleanza contro la povertà: è un passo avanti ma restano criticità

Con la misura voluta dai pentastellati, inutile dirlo, "c'è stato un passo in avanti, grazie a nuovi finanziamenti nuovi", afferma Cristiano Gori

Foto Cecilia Fabiano - LaPresse

ROMA – Sul Reddito di cittadinanza serve più impegno per l’inserimento nelle comunità. E vanno certamente affinate le capacità dei centri per l’impiego: non basta un infornata di navigator. Insomma, la richiesta di un ‘tagliando’ (su cui spinge il Partito democratico) arriva anche dall’Alleanza contro la povertà. Che ha presentato il suo bilancio sul Reddito di Inclusione (ReI), misura poi sostituita dal sussidio targato M5S.

Il monitoraggio

Il monitoraggio del ReI, sussidio sostenuto con forza dall’Alleanza, è durato 15 mesi: “E’ stata una gestazione molto lunga. E nel frattempo è arrivato il Reddito – spiega Roberto Rossini, presidente di Acli e portavoce del raggruppamento di associazioni – I dati ci sembrano molto positivi, e confermano che l’intuizione che il Rei sarebbe stata una misura cardine del welfare. Ne rilanceremo le cose buone, che possono essere utili per modificare il Reddito”.

Gli obiettivi

Raffaele Tangorra, capo di gabinetto del ministero del Lavoro, sottolinea che in fondo le misure hanno il medesimo obiettivo. Far valere il diritto ad un’esistenza dignitosa. Ma, rispetto al Rei, c’è un tasso di accettazione del Reddito è più alto, perché il cittadino è più informato e c’è una migliore accessibilità al sussidio. E’ decisamente aumentata, quindi, la penetrazione della misura tra le famiglie in povertà assoluta, ferma al 28% per il ReI. D’altronde, il primo sussidio poteva contare su uno stanziamento di 2 miliardi, poco rispetto agli 8 previsti per il Reddito nel 2020.

Il reddito di cittadinanza

Con la misura voluta dai pentastellati, inutile dirlo, “c’è stato un passo in avanti, grazie a nuovi finanziamenti nuovi”, afferma Cristiano Gori, professore di politica sociale e curatore dello studio. Rimangono però criticità, prima fra tutte sui navigator. “Si voleva partire subito, non si sono fatti i bandi attraverso le Regioni, assumendo persone con funzioni improprie”, spiega il docente dell’Università di Trento. Un altro problema risiede nella mancanza di incentivi a cercare davvero un impiego. Perché “se tu prendi un lavoro grazie al Reddito, perdi tutto l’equivalente del guadagno – spiega Gori – non c’è un meccanismo a scalare che ti permette, per i primi mesi, di sommare reddito e lavoro che hai trovato”.

Il ReI, secondo il raggruppamento di associazioni, ha permesso la costruzione di reti territoriali. Che potrebbero rappresentare un valido punto di partenza per la parte attiva del sussidio pentastellato, con i Patti per il lavoro. “Il Rei metteva assieme i Comuni e i centri per l’impiego in un unica rete – sottolinea Gori – che ora, purtroppo, vengono separati”.

(LaPresse/di Matteo Bosco Bortolaso)

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