Aspettavamo una valanga di domande per poter godere del reddito di cittadinanza. Milioni di richieste, file alle Poste e ai Caf, sito intasato e così via. Pare non sia successo. Le domande sono relativamente poche. Le domande. Dovrebbero essere ancora meno le risposte giacché è prevedibile che molti dei richiedenti non abbiano i requisiti per poter usufruire del sussidio di Stato. Se, dunque, il reddito non verrà elargito a tutti o a quasi tutti attraverso qualche direttiva politica più o meno occulta, giusto per accontentare un po’ di elettori con la riserva mentale di toglierlo dopo le elezioni, bisognerà chiedersi perché la richiesta di aiuto sia stata così bassa rispetto alle aspettative. Che sia sparita la povertà e finito il disagio economico di vasti strati della popolazione non sembra essere la risposta giusta. E’ più probabile che i cittadini si siano resi conto che quello proposto dal governo non è un vero e proprio Reddito di cittadinanza, ossia quello universale dato a tutti quelli che si trovano momentaneamente in difficoltà in un momento storico nel quale il lavoro scarseggia per motivi che sembrano strutturali, definitivi. In una società nella quale la tecnologia e la razionalizzazione del lavoro creano disoccupazione pur continuando a creare ricchezza, il reddito di cittadinanza universale serve a ridistribuire la ricchezza prodotta, a garantire a tutti un livello di vita dignitosa, ad evitare tensioni sociali. Non è così per il Reddito di cittadinanza condizionato come è quello proposto in Italia. Condizionato dalla ricerca e dall’accettazione di un lavoro che, così a tutti sembra, in realtà non c’è. Si diffonde, allora, la percezione che si tramuti in una sorta di mancia, di elemosina momentanea che no non risolve il problema di fondo e, inoltre, espone ad una umiliazione che molti, soprattutto i giovani, non vogliono sopportare. Aggiungiamo a questa difficoltà di fondo la diffidenza di tanti che avendo un lavoro in nero temono di perdere anche quella fonte di guadagno sia pure labile e precaria senza potersi assicurare un vero, costante reddito. Ancora, le pastoie burocratiche, la difficoltà a comprendere i termini della legge, hanno scoraggiato molti e molti si vanno convincendo che finiranno con usufruire del reddito di cittadinanza tanti che non lo meritano. Vero o falso che sia è un sentimento diffuso che, con il tempo, rischia di creare nuove tensioni, risentimenti e rancori.
La sinistra, ma anche la cosiddetta destra sociale tanto differente dalla destra liberale, di fronte a questa situazione si sente in imbarazzo. Perché mai, si dice da più parti, il Partito democratico di Zingaretti così lontano dal partito del Jobs-act renziano non dovrebbe accogliere una misura contro la povertà, come recita la propaganda governativa, quale è il reddito di cittadinanza? La risposta è in quello che si è detto sopra: “Perché non è un vero reddito di cittadinanza.” E’ una misura inefficace che impegna risorse che si potrebbero utilizzare per misure di vero sostegno al lavoro.
In realtà la sinistra dovrebbe affrontare la questione del lavoro con maggior decisione, rilanciando questioni classiche, ad esempio il ritorno ad investimenti pubblici, e promuovendo misure relativamente nuove come quella della redistribuzione del reddito tassando la tecnologia, i robot come consigliò Bill Gates, e diminuendo le ore lavorative.
La sinistra dovrebbe ritrovare il coraggio delle sue idee, non temere di essere schiacciata sulla sua storia peggiore, statalista e interventista. E’ una stagione passata che i giovani nemmeno ricordano più. Il problema non è ideologico, più Stato meno Stato, più tasse o meno tasse, come questione di mero principio. La questione è come affrontare una fattispecie nuova come la costante scomparsa del lavoro tradizionale e la progressiva perdita da parte dei lavoratori di diritti elementari e con essi della dignità personale e della stessa dimensione della cittadinanza. Questa assenza politica e culturale della sinistra ha favorito la nascita di movimenti demagogici e irrazionali che hanno saldato il disagio sociale con rinnovate forme di razzismo in una pericolosa miscela politica. Il prossimo passo potrebbe essere un rinascere di violenze sociali e guerre nazionaliste. Abbiamo gli strumenti per evitare nuovi disastri, utilizziamoli.