CASERTA – L’ex direttore della Reggia Mauro Felicori si becca le bacchettate del “Fatto quotidiano” a margine del suo pensionamento. Un resoconto, firmato dal docente universitario Tomaso Montanari, in controtendenza rispetto al coro di elogi tributati al dirigente bolognese. L’autore riserva alcuni passaggi alla costruzione dell’“icona Felicori”: a cominciare dalla bufala della lettera dei sindacati che lo avrebbero accusato di “lavorare troppo”.
La bufala del “direttore che lavora troppo”
Ovviamente, neanche il più sprovveduto dei sindacalisti scriverebbe qualcosa del genere: nella nota si leggeva in realtà che il dirigente si tratteneva fino a tardi nelle stanze della Reggia, determinando problemi per la sicurezza. Gli appartamenti storici sono infatti protetti da un sistema di allarme che va ovviamente disinserito se c’è qualcuno che si aggira per le stanze. A questa forzatura ha contribuito in maniera determinante il giornalista del “Mattino” Antonello Velardi, poi sostenuto da Felicori nella corsa vittoriosa a sindaco di Marcianise (il dirigente partecipò a diverse sue iniziative elettorali).
Palazzo reale trasformato in un “supermercato”
Montanari scrive di “zero ricerca e zero divulgazione culturale” . La Reggia diventata quindi un “simbolo di una visione classista e antidemocratica del patrimonio culturale” e trasformata in un “supermercato”. Un’operazione che “nega la possibilità stessa di una cultura di massa, e implica che al popolo non si possa che ammannire un prodotto commerciale”. Montanari ricorda l’organizzazione di matrimoni all’interno del monumento (da cui la celebre foto del decoratore che sale in piedi su uno dei leoni all’ingresso per sistemare dei fiori).
E ancora i pannelli pubblicitari della Carpisa installati nel parco e la recentissima iniziativa della Thun, con la facciata del Palazzo utilizzata come fondale per proiettare i filmati pubblicitari della ditta. La Reggia ridotta a brand, come per l’amaro che sarebbe confezionato con le erbe del Giardino inglese: i giardinieri del Parco si chiedono ancora quali siano queste misteriose essenze che vi crescerebbero e che sarebbero adatte ad aromatizzare un liquore.
Visitatori in aumento, problemi per la gestione
L’autore dell’articolo sul “Fatto” riconosce l’aumento di visitatori, con numeri “vicini ai risultati della fine degli anni ‘90”, che ha però portato seri problemi di gestione, soprattutto in occasione delle domeniche gratuite. Sulla sua pagina social, Felicori non replica nel merito, limitandosi ad accennare a una “’alluvione di inesattezze e notizie false”. Chissà a quali falsità si riferisce: certo non alla relazione stilata dagli ispettori del ministero (e ricordata da Montanari) dopo il crollo dell’intonaco nella Sala delle Dame del 10 dicembre 2017. Il mese dopo, gli ispettori hanno chiesto una relazione al direttore della Reggia, che ha inviato solo il rapporto dei tecnici.
Gli ispettori: risposte generiche dopo il crollo nella Sala delle Dame
Gli ispettori parlano di “incompletezza e genericità” della risposta di Felicori, peraltro priva dei documenti richiesti. Durante l’ispezione, gli inviati del ministero hanno constatato che anche nelle sale adiacenti c’erano lesioni e che i pavimenti di tutte le stanze risultavano sconnessi. E il funzionario Giuseppe Oreste Graziano ha dichiarato che prima del crollo non erano state effettuate verifiche sugli elementi che presentavano lesioni.
Mancati controlli sugli ambienti della Reggia
Felicori ha detto agli ispettori che prima del cedimento era stata effettuata una verifica a vista nella stanza. Viene quindi rilevato che, nel Documento di valutazione dei rischi, nulla risulta sulla Sala delle Dame e quelle adiacenti. Questa carenza viene imputata dagli ispettori a Felicori, così come il mancato monitoraggio strumentale degli ambienti dove si è verificato il crollo. Ancora, il dirigente, sempre secondo gli inviati del Ministero, non ha chiesto finanziamenti per gli interventi sulla Sala, nonostante la presenza di lesioni. Né ha vietato l’accesso all’ambiente in questione. A suo tempo Felicori, interpellato telefonicamente da “Cronache”, si è rifiutato di replicare a queste osservazioni.