Renzi Giano Bifronte

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Matteo Renzi

E’ di queste ore l’appello lanciato da Matteo Renzi ai liberali ed ai moderati di Forza Italia affinché mollino l’ormai esangue Berlusconi per confluire nel suo nuovo soggetto politico, Italia Viva, presentato alla Leopolda di Firenze. Ma cos’è Italia Viva? Un partito, un’organizzazione strutturata sui territori, oppure un movimento che vive di fasi assembleari, senza una sua precisa organizzazione? Diciamocela tutta. Più che favorire la transumanza di politici e parlamentari azzurri, Renzi, con questa mossa, sembra voler occupare stabilmente il centro della scena politica nazionale mirando così a trasformarsi nel punto di attrazione dei ceti liberali e moderati che pure in Fi avevano trovato il loro punto di riferimento. Peccato però che il pur lesto “Rottamatore di Rignano” sia arrivato tardi! Con un lustro di ritardo, per la precisione. E con i buoi già quasi tutti scappati. Correva l’anno 2014 e chi scrive negava, nell’Aula del Senato, il voto di fiducia ad un giovanotto rampante e spregiudicato che in quella austera sede pronunciava il discorso programmatico del suo nuovo governo. Ebbi a chiedergli allora quale fosse la natura dell’esecutivo che presiedeva, se cioè, fosse di stampo liberale, socialista oppure socialdemocratica. Se la ventilata “rivoluzione copernicana” e la rottamazione dei vecchi istituti politici e della stessa carta costituzionale che annunciava, si fossero abbeverati a riforme di sistema e quindi all’introduzione di nuovi principii di “Governo della Nazione”. Chiesi insomma a Renzi se fosse realmente intenzionato ad abbandonare la vecchia mentalità di idolatrare lo statalismo, di confondere la pubblicità dei servizi con il monopolio statale della gestione. Era in grado di lesinare le greppie clientelari che sono il tratto distintivo dello stato massimo, burocratico, inefficiente e sprecone? Avrebbe il rampollo dem cambiato regime per rivoluzionare ed ammodernare lo Stato oppure avrebbe continuato a governare utilizzando la leva della spesa pubblica a debito crescente? Questo gli chiesi. Inutile dire che non ebbi risposta alcuna. Insomma, messo alle strette Renzi non volle decifrare in cosa consistesse la sua fantomatica “politica rivoluzionaria” preferendo strizzare gli occhi al vecchio Pd ed alle politiche criptosocialiste (tassa e spendi) dello stato onnipotente. Morale della favola: ai liberali che aspettavano dal partito voluto da Walter Veltroni che si compissero le promesse di cambiamento fatte da questi alla conferenza programmatica del Lingotto sette anni prima, non rimase che un pugno di mosche in mano. Semplicemente, il giovanotto di Rignano rifiutò di dare rappresentanza ai milioni di moderati che pure lo avevano premiato alle Europee ma anche a quel vasto schieramento riformista che lo aveva sostenuto nel referendum costituzionale. Ogni prospettiva di largo respiro si infrangeva innanzi alla furbizia ed alle capriole ideologiche con la quale egli incartava l’attualità. Oggi Matteo Renzi si spinge nei luoghi ove pervicacemente ha rifiutato di andare quando c’era il tempo e l’opportunità per farlo. Nell’antica Roma spopolava il culto di Giano protettore della casa: era effigiato con due facce che guardavano in opposta direzione per proteggere chi entrava e chi usciva dalla domus. Un’effige che starebbe benissimo come simbolo di Italia viva

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