Renzi vuole dettare la linea, è morte certa per il Pd

L'ex premier vuole la leadership, ma senza l'onere della guida del partito

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse in foto Matteo Renzi

ROMA – L’ex premier Matteo Renzi non ci sta a mollare la leadership del Partito Democratico. Costi quel che costi, il senatore di Scandicci, pur non puntando alla guida ufficiale del partito, intenzionato com’è a non candidarsi al congresso nazionale, vuole dettare la linea, anche se questo significa morte certa per il Pd.

Congresso prima delle europee

Quello che sembra un dato assodato, a sentir parlare Renzi, non lo è. L’attuale segretario Maurizio Martina ha annunciato il congresso a gennaio, prima delle Europee, ma non lo ha ancora convocato. “Il congresso per me va fatto prima delle Europee – dice il senatore -. Deve convocarlo Martina”. Peccato che, nei fatti, a nessun renziano faccia comodo la convocazione a breve del congresso, considerata la difficoltà a individuare una candidatura in grado di ottenere la maggioranza dei voti. Lo stesso Renzi, se candidato, vincerebbe il congresso per poi perdere qualsiasi sfida elettorale imminente. Il vento gli è contrario e le intenzioni di voto così come il gradimento sui leader espresso dai cittadini nei sondaggi lo dimostrano.

Mai con i 5 Stelle

Chi vince il congresso detta la linea e compone le liste elettorali. Da qui la necessità di svolgerlo prima delle Europee. Mentre la gran parte dei dem, dall’ex ministro Dario Franceschini al governatore pugliese Michele Emiliano, si schiera con l’unico candidato in campo, Nicola Zingaretti; i renziani continuano a pensare di essere maggioranza nel partito. L’ex premier deve ingegnarsi per evitare di finire all’angolo perché questo significherebbe dover accettare l’ipotesi di dialogo con il Movimento 5 Stelle in caso di ‘caduta’ prematura del governo pentaleghista. “Non smetterò mai di dire che non c’è da dialogare – spiega Renzi -. Il M5S sta appoggiando le politiche sull’immigrazione di Salvini, non ha le idee chiare sulle grandi opere, siamo diversi. A chi pensa che si possa stare insieme dico ‘no agli inciuci’. Mi opporrò con tutte le mie forze”. Un avvertimento a chi, come Zingaretti, Emiliano e perfino Franceschini, sulla possibilità di ‘concertazione’ con i pentastellati non ha mai detto un vero no.

L’attacco a Di Maio

Quella di Renzi è una posizione motivata anche dalla mancanza di stima rispetto al vicepremier Luigi Di Maio. “Odia chi crea posti di lavoro”. Sostiene. “Chi blocca i grandi progetti infrastrutturali e non dice parole chiare su Tav o Tap, è nemico dei lavoratori”. Se un ministro del Lavoro fosse contro l’occupazione saremmo al paradosso, ma il punto è che, ad oggi, Di Maio gode del favore dei cittadini più di Renzi.

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