Roma, raid nel bar della Romanina: prime 3 condanne, per il giudice fu mafia

Domani si terrà la seconda udienza del processo ad Antonio Casamonica, quarta persona coinvolta nella vicenda, l'unico ad aver scelto il rito ordinario

Carlo Lannuttii / LaPresse

ROMA (LaPresse) – Arrivano le prime tre condanne, con rito abbreviato, nel processo per il raid nel bar della Romanina compiuto il 1 aprile da affiliati dei Casamonica. E, secondo il giudice, si è trattato di un’aggressione mafiosa.

Le condanne emesse dal gup, 4 anni e 10 mesi per Di Silvio

Pesanti le condanne inflitte dal gup, che ha riconosciuto il metodo mafioso come aggravante dei reati contestati. 4 anni e 10 mesi di carcere per Alfredo Di Silvio, 4 anni e 8 mesi per il fratello, Vincenzo, e 3 anni e due mesi per il nonno dei due, Enrico. I tre erano accusati a vario titolo di lesioni, danneggiamento, minacce e violenza privata, aggravati da metodo mafioso. Il pm Giovanni Musarò aveva chiesto 6 anni di reclusione per il primo, 5 anni e 8 mesi per Vincenzo e 2 anni e 8 mesi per Enrico.

Seconda udienza prevista per domani

Domani si terrà la seconda udienza del processo ad Antonio Casamonica, quarta persona coinvolta nella vicenda, l’unico ad aver scelto il rito ordinario. I fatti risalgono alla domenica di Pasqua, quando una disabile e il titolare del Roxy bar, alla periferia sud est di Roma, furono aggrediti.

La dinamica dei fatti e la lite al bar 

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Antonio Casamonica e il cugino Alfredo Di Silvio sarebbero entrati nel locale con la pretesa di passare avanti ad altri clienti e hanno insultato il titolare, urlandogli “rumeno di merda”. In fila con loro c’era la donna, picchiata per prima per aver risposto agli insulti dicendo loro che “se non apprezzavano il servizio potevano cambiare bar”. I due le hanno strappato e rotto gli occhiali, poi l’hanno spinta contro un muro e colpita con ferocia, armati di una cintura, mentre lei implorava pietà e gli altri presenti non reagivano, pietrificati dal terrore.

Riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso

Prima di lasciare il locale, altre urla contro la vittima: “Se chiami la polizia ti ammazziamo”. Dopo mezz’ora Alfredo Di Silvio è tornato in compagnia del fratello Vincenzo: i due hanno aggredito a colpi di bottiglia il barista ‘colpevole’ di non essersi occupato con solerzia di loro. Hanno devastato il bar, intimando al titolare di chiudere e gridando: “Qui comandiamo noi, fai quello che ti diciamo o ti ammazziamo!”.

di Alessandra Lemme

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