Sandra Lonardo a “Cronache”: “Regione, si candidi chi ha più voti”

La senatrice di Forza Italia sulle elezioni in Campania: "Se c’è chi porta un maggiore contributo di mio marito si faccia avanti. La sanità è nel baratro, serve un cambio di passo"

NAPOLI – Il tempo passa per tutti, anche per le forze politiche che come Forza Italia, avrebbero bisogno di rifarsi il look. Magari prendendo esempio dagli stilisti dei grandi marchi, che a un certo punto cambiano la modella di ‘punta’. Ma questo risulta complicato per il partito che, ancora una volta in vista delle elezioni europee, si gioca tutto mandando in passerella l’ottantenne leader Silvio Berlusconi. Lo sa bene una donna che di moda se ne intende, a giudicare dalla sua eleganza, almeno quanto di politica. E Sandra Lonardo, senatrice della Repubblica per Forza Italia, e moglie dell’ex Guardasigilli Clemente Mastella, aspirante prossimo governatore della Campania.

Senatrice, come si sta ponendo Forza Italia rispetto alla fase di cambiamento che attraversa il centrodestra? Su cosa crede debba puntare il partito per stare al passo con la Lega?

Dovrebbe tornare ad essere quello che era, quindi conservare i propri valori, esprimerli, e non avere alcuna remora rispetto a chicchessia: i valori si difendono anche quando magari rischiamo di essere minoranza nella realtà del Paese. Nonostante abbia una forza oggi inferiore a quella che aveva precedentemente, un fascino magari dimezzato, Forza Italia rappresenta ancora un patrimonio importante nella idea degli italiani, soprattutto nel mezzogiorno, e questa idea ancora registra notevoli consensi in Campania ed in altre regioni del Sud. Io credo che il rapporto con gli alleati debba essere un rapporto non conflittuale, ma questo vale per tutti: per la Lega rispetto a FI e per FI rispetto alla Lega. Certo, il fatto che la Lega sia al Governo con i 5Stelle e a livello locale sia alleata con noi, mi ricorda un po’ i tempi della Democrazia Cristiana, quando i socialisti erano alleati a livello locale con il Pci, quindi a parti inverse, e a livello nazionale con la Dc. Ciò non piaceva allora e non piace neppure ora.

Cosimo Sibilia ha ipotizzato un’apertura di Fi e del centrodestra anche ad altre forze politiche, i cosiddetti cespugli, e alle civiche, non solo per le Europee, ma anche per le Amministrative e le Regionali. Che pensa di questa proposta?

Noi l’abbiamo già fatto a Benevento ed abbiamo ottenuto risultati eccellenti, vincendo sia al Comune che alla Provincia con questo tipo di criterio. Mi pare una cosa sensata e sicuramente da portare avanti perché oramai, nella realtà locale, il senso civico è molto più pronunciato di un tempo. Inoltre, va recuperata quella forma di latitanza e di presa di distanza dai partiti. Ed accettando il confronto e la mescolanza con le liste civiche che esaltano nelle varie realtà il senso di partecipazione ai problemi locali.

Si dice che le elezioni Europee, a maggio, avranno uno stampo marcatamente politico. È così? Cosa auspica che cambi in Europa?

È già capitato in altre circostanze nella storia italiana, però, questa volta, c’è una maggiore con divisione tra sovranisti e populisti da un lato ed europeisti convinti dall’altro. Certo, è inutile smarrire il senso dell’orientamento: bisogna andare avanti nella tradizione, nella logica di De Gasperi, di Adenauer, di Schuman, di quelli che hanno fatto l’Europa e l’hanno costruita sul piano del sogno, degli ideali, e sul piano di quella che è stata l’Europa che ha garantito la pace in questi 70 anni, dopo tante guerre tra Germania e Francia. L’Europa è una garanzia di pace e per questo è importante. Bisogna evitare, invece, che, all’interno dell’Europa, vi siano guerre commerciali; bisogna evitare che si ritorni allo spirito individualista perché questo non dà la possibilità all’Italia anche di esprimersi al meglio. Quanto agli altri, i sovranisti mi pare non trovino neppure un’intesa tra di loro. Basta vedere quelli di Visegrád che sono respingenti con i migranti e poi non danno una mano nel momento in cui l’Italia chiede che ci sia una distribuzione di quelli che arrivano nel nostro Paese. Questo per dire, insomma, che questi populismi esasperati non giovano alla causa comune. Noi siamo contro questo. Fi è contro questo. E chiediamo agli elettori di appoggiarci in questa nostra direzione. Certo, va eliminato il rigorismo, va eliminata la disparità di natura fiscale e vanno eliminate una serie di burocratismi che hanno inceppato l’Europa negli anni passati. Però, eliminata questa vischiosità, l’Europa è una cosa seria.

La candidatura di Berlusconi al Sud è stata accolta con grande entusiasmo. Lei pensa che la discesa in campo del cavaliere possa fare dimenticare ai cittadini, che Fi in Europa ha ricoperto ruoli importanti, ha seduto ai tavoli che contano, ma senza riuscire a fare la differenza?

Indubbiamente la sua discesa in campo è importante e dà anche il senso del momento difficile e drammatico che stiamo vivendo, altrimenti non l’avrebbe fatto. Detto questo, non è che l’Europa sia stata arcigna o avara rispetto a noi, l’Italia ha ricevuto al punto tale che abbiamo avuto difficoltà a spendere i soldi che l’Europa ci ha dato. Basti pensare che nel mezzogiorno spendiamo appena il 2% delle risorse europee e che l’Italia spende il 10% delle risorse che l’Europa le dà e questo non è colpa di chi sta in Europa ma di chi è in Italia, delle amministrazioni, della burocrazia che sta nei governi locali, regionali, nazionali. Quindi, se i Paesi dell’Est europeo, che sono arrivati da ultimi, sono molto più agevoli e meno legati a pastoie burocratiche incredibili, non è colpa dell’Europa: c’è chi attinge meglio alla mammella europea e noi abbiamo attinto molte volte male. Questa è la verità.

Suo marito, Clemente Mastella, ha lanciato la sua candidatura alle regionali del 2020. Immagina che sul suo nome possa esserci anche la convergenza di Lega e Fratelli d’Italia?

Ma guardi, bisogna stabilire un criterio di regole: chi ha maggiori chance di vincere, quella è la persona che va candidata. Per cui, se mio marito ha più chance, è giusto che vada lui, se ne hanno più altri, è giusto che vadano altri. L’unica cosa che non accetterebbe mai, credo, conoscendo mio marito, sarebbe una forma di atteggiamento di diniego preventivo pregiudiziale ideologico: lui è leale con gli altri, ed è giusto che gli altri siano leali rispetto a lui. Dunque, è opportuno che si candidi chi ha maggiori opportunità, ma con un criterio, per quanto ci riguarda: ovvero che le zone interne non siano trascurate come è capitato negli ultimi anni. Perché da quando ci sono altri al Governo regionale, le zone interne, e parlo di Benevento, Avellino e di ampie aree del casertano, sono completamente trascurate dall’idea regionale che, oggi, ha una doppia centralità: quella di Napoli, che si afferma per la preponderanza e la forza dei numeri della popolazione, e quella di Salerno, per ragioni politiche. Se, ad esempio, pensa che finanche per le attività di natura ludica, Salerno ottiene 2/3 milioni a Natale, mentre altre province, come Benevento o Avellino, meno di 100 mila euro, questo la dice lunga sul dato della doppia centralità.

Su cosa deve puntare Fi in Campania per riprendersi la guida della regione. E di quali errori crede si debba fare tesoro per rilanciare la Regione, nei fatti e non a parole?

Innanzitutto, c’è il dato drammatico dell’autonomia delle regioni del Nord che ammazza il mezzogiorno d’Italia, e non è solo la Lega che pensa all’autonomia, ma anche l’Emilia Romagna che è a gestione del Pd, quindi occorre partire da ora e farne anche motivo di contrasto con chi è al Nord, perché ciò significherebbe far ricchi i più ricchi e poveri i più poveri. Questo non è assolutamente possibile ed è inaccettabile sia sul piano della nostra dimensione cristiana in politica e sia per quanto riguarda la nostra costituzione. Viene a mancare il principio di solidarietà e, soprattutto, quello di sussidiarietà. In questo modo noi saremmo completamente azzerati per quanto riguarda la scuola, la sanità, i trasporti… avremo problemi enormi e non saremo in grado di poter progredire. Questo è il senso dell’unità nazionale. Non è che i nostri del Sud possano solo combattere le guerre per l’unità e dopodiché essere marginali o piegati in ginocchio rispetto alle esigenze degli altri, quindi su questo siamo assolutamente contrari. E poi bisogna rilanciare una Campania dove venga evitato questo dualismo che c’è stato tra zone interne e fascia costiera. È necessario applicarsi ad una politica che riguarda le ferrovie. Se si pensa che a Benevento ed Avellino la domenica i collegamenti con Napoli sono inesistenti e che durante la settimana i treni per il capoluogo campano si fermano e si bloccano, questo la dice lunga per quanto riguarda anche le possibilità di sviluppo delle zone interne. Stessa cosa per quanto concerne la sanità: a Benevento, un tempo, era brillante, efficace, operativa, ed oggi sta completamente perdendo la qualità attiva che c’era precedentemente. Questi sono i settori nevralgici, per il resto ci sono tanti aspetti che andrebbero esaminati, con gli alleati eventualmente, per un programma serio di rilancio della Campania.

Quali sono le sue ambizioni future?

Io, per ora, tento di svolgere nel miglior modo possibile quel ruolo che il mio Partito ed i cittadini, in modo particolare, mi hanno chiamato a svolgere. Quanto al resto, si vedrà. Non pensavo neppure di diventare senatrice, quindi si immagini se posso pensare al dopo. Farò questo fin quando sarà giusto farlo sul piano delle volontà popolari: ho il senso del limite e non dell’eternità politica.

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