“Conoscere per deliberare”, ammoniva Luigi Einaudi. Una considerazione di buon senso nemmeno particolarmente originale. Eppure l’ammonimento einaudiano è sempre attuale giacché è consuetudine deliberare (fortunatamente poco) parlare e scrivere senza compiere la fatica di cercare di conoscere. Così, l’improvvisa nascita del movimento cosiddetto delle sardine ha suscitato immediate reazioni di consenso e dissenso senza che si cercasse di comprendere la natura del nuovo fenomeno che ha occupato la scena politica e mediatica italiana.
Le reazioni di politici e intellettuali
Non parlo, ovviamente, del giudizio politico in senso stretto. Che in Emilia Romagna il movimento nato per contrastare la Lega e, dunque, per dare una mano al Presidente uscente Bonaccini, provocasse la reazione contraria dei capi leghisti era scontato e comprensibile. Ciò che, invece, si comprende meno è l’atteggiamento di molti commentatori e di una parte del ceto politico non immediatamente coinvolto. Un atteggiamento di sufficienza o di stizza prima ancora che si comprendesse quale è il profilo, l’identità del movimento.
La staffetta dell’odio…
Proviamo a capirci qualcosa anche se è molto presto. Le sardine non sono le eredi dei movimenti giustizialisti e populisti nati negli ultimi anni. Questo è un aspetto dirimente che dovrebbe tranquillizzare quelli che ancora polemizzano, dal sorgere della cosiddetta seconda repubblica, con i manettari, gli antipolitici e così via. Il tratto fondamentale che caratterizza la cultura politica degli animatori del movimento nasce proprio contro la cultura dell’odio e del rancore. Odio e rancore che, come il bastone delle staffette, è passato di mano in mano da sinistra a destra passando per l’intermezzo grillino.
…e i valori di libertà, eguaglianza e fratellanza
Una novità, dunque, sulla quale ci si dovrebbe interrogare con più sagacia, con maggiore attenzione. Non ho ancora sentito uno slogan legalitario. Non ho sentito canzoni violente, ma Bella ciao e l’inno di Mameli e tante canzoni popolari. Come a dire ricostruiamo un tessuto di valori comuni fondati sulla vecchia triade libertà, uguaglianza, fratellanza. Con l’accento posto su quest’ultima di origine evidentemente cristiana. La fratellanza che sembra aver disertato il mondo con grave danno per tutti.
Il giudizio sulla politica
Si obietta che non si può essere solo contro, che si deve proporre qualcosa. Ma essere contro l’odio e il rancore significa essere per un diverso modello di convivenza civile. E’ il principio dialettico su cui si fonda la storia, la vita quotidiana. Un altro aspetto che si dovrebbe considerare è la propensione a mettere tra parentesi la cosiddetta seconda repubblica. Come se questi giovanissimi considerassero finita con la prima repubblica la serietà della politica. Nei momenti di grave crisi si invoca un passato remoto, semmai un po’ edulcorato, che diventa la base per costruire un nuovo ordine. Per ora è un movimento di opinione che ha a che fare con la politica ma non è ancora politica in senso stretto. Un ultimo aspetto.
Complessità contro semplificazione
Mattia Santori ha provocatoriamente detto:”In sei giorni abbiamo mostrato a Salvini che abbiamo imparato a fare il suo lavoro”. Con un po’ di buona propaganda si è in parte oscurata quella costruita dai leghisti che per anni tiene banco soprattutto in televisione e sui social. Tutto sommato una tiratina di orecchi a quei padroni dell’informazione (pochi, nel mondo, troppo pochi sebbene possa sembrare il contrario) che hanno contribuito a degradare il dibattito politico e culturale. Non si riesce a cambiare format, parlano sempre le stesse poche persone da quasi un decennio. Complessità, dunque, contro semplificazione e palesi bugie. E’ il caso di ragionarci.