Saviano “condanna” i giudici che lo processano per diffamazione

Lo scrittore: “La premier conta più di me in tribunale, Giustizia lampo se mi accusano”. Ma l’autore di Gomorra giudicato colpevole di plagio non si è mai lamentato del fatto che Cronache aspetti il risarcimento da 14 anni

Genova. Roberto Saviano, autore di "Gomorra" inaugura, l'anno accademico 2011-2012 dell'Universita' di Genova. La cerimonia blindatissima nel palazzo del Rettorato. Saviano riceve dall'Ateneo la Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza. Indossa la toga e riceve il diploma e la medaglia d'oro dell'Università. © Lapresse 22-01-2011Genova

Le “larghe intese” dei governi e gli assenti che hanno sempre torto

Ancora una volta Roberto Saviano attacca la Magistratura. Ovviamente lo fa in maniera più sibillina (ma forse persino più offensiva) rispetto a quanto fece nel 2020 nei confronti di Giorgia Meloni. Ospite della trasmissione “Piazzapulita”, le diede della “bastarda” per le morti in mare, nonostante sapesse che l’attuale presidente del Consiglio era allora all’opposizione.

La Bilancia della Giustizia e il “peso” dei Meloni

Giorgia Meloni con i meloni

Da quando la leader di Fratelli d’Italia lo ha denunciato, Saviano ha prima insinuato velatamente che i giudici possano essere influenzati nel loro giudizio da pressioni esterne, parlando di un diverso “peso” della Meloni rispetto al suo nel processo. Ora espone le toghe al pubblico sospetto, affermando che per chissà quale ragione i processi sono più veloci quando lui si trova nella posizione di accusato.

L’eccezione all’eccezione: il processo per plagio va avanti da 14 anni

In realtà la Giustizia italiana, da lui tanto vituperata, è impegnata da anni e anni nel procedimento per le accuse di plagio nei suoi confronti. Saviano dovrebbe sapere bene, visto che di processi sostiene di averne seguiti tanti, che la Giustizia ha i suoi tempi. E a volte, soprattutto quando è chiamata a decidere su questioni delicate e complesse, sui diritti e le libertà dei cittadini, deve assicurare a tutti la possibilità di difendersi adeguatamente, in linea con principi cardine della Costituzione come il diritto inviolabile alla difesa.

Il censurato a cui piace censurare

E poi ci sono fattori come la carenza di personale e di mezzi, a fronte di una mole di fascicoli insostenibile. I giudici hanno dovuto decidere anche sulle denunce che lo stesso Saviano ha sporto nei confronti di altre persone che, senza usare termini forti come “bastardo”, avevano solo osato mettere in discussione la veridicità di alcune sue affermazioni. Il romanziere fece causa, ad esempio, a Marta Herling, nipote di Benedetto Croce, che aveva espresso qualche perplessità in merito ad alcune sue affermazioni sulla vita del grande filosofo.

I familiari di Impastato e il Verbo dello scrittore

E trascinò in tribunale anche il giornalista ex Br Paolo Persichetti, che aveva scritto articoli in cui prendeva le parti dei familiari di Peppino Impastato, vittima innocente della mafia siciliana, i quali non avevano apprezzato un passaggio di un libro dello scrittore. Saviano sosteneva che il processo per l’omicidio del giovane che si era ribellato a Cosa Nostra era stato riaperto grazie al film di Marco Tullio Giordana. Inoltre aveva fatto riferimento a una telefonata ricevuta dalla madre di Peppino, Felicia, quando non era ancora famoso. In quei casi i procedimenti hanno richiesto un po’ più di tempo perché c’era da accertare la veridicità di quanto Saviano aveva affermato. In questo, invece, si tratta semplicemente di decidere se la parola “bastarda” rappresenti oggettivamente una offesa o meno, per cui l’attività istruttoria è ridotta all’osso e le date delle udienze, piaccia o meno a Saviano, sono più ravvicinate.

La lunga (ma composta) attesa dei cronisti locali

Stranamente lo scrittore non si è mai lamentato del fatto che sia passato tanto tempo da quando la Libra Editrice, che edita i quotidiani Cronache di Napoli, Cronache di Caserta e Cronachedi.it, gli fece causa per l’illecita riproduzione degli articoli dei propri giornalisti, nel lontano 2008, 14 anni fa. Né del fatto che la vicenda non si sia ancora conclusa. Solo nel 2015, ovvero sette anni dopo la citazione, arrivò la sentenza della Cassazione che accertò in via definitiva il plagio degli articoli di Cronache. Articoli copiati e incollati nel romanzo “Gomorra”, spacciati da Saviano come sue ricostruzioni delle vicende di camorra che hanno insanguinato la Campania per anni.

Tanto paga “Papi”

In un caso, ad esempio, si trattava della ricostruzione della struttura interna del clan Di Lauro, con particolare riferimento al sistema di gestione del traffico e dello spaccio di droga. In un altro si trattava del racconto dell’arresto del boss Paolo Di Lauro e del suo trasferimento dalla caserma al carcere. La Cassazione affidò però alla Corte di Appello di Napoli la rideterminazione del danno, che nel precedente giudizio era stato quantificato in 60mila euro più 20mila di spese legali. Somme pagate dalla Arnoldo Mondadori Editore, azienda che fa parte dell’impero imprenditoriale di Silvio Berlusconi, mentre Saviano non ha mai tirato fuori un euro.

Sei gradi di giudizio

La Cassazione precisò che i giudici napoletani, nel ricalcolare l’importo, avrebbero dovuto tenere conto del “lucro cessante”, ovvero della mancata possibilità di guadagno che la Libra Editrice aveva subìto per il fatto di non essere stata coinvolta nella “ripubblicazione” dei propri articoli. La Corte di Appello di Napoli, però, con una sentenza del 2016, ridusse notevolmente l’entità del risarcimento, quantificandola in appena 6mila euro, con spese compensate.

Il soldini di Silvio, la beneficenza (virtuale) alle vittime di mafia e quella (reale) allo scrittore

La Libra Editrice restituì i soldi alla Mondadori e Saviano ne approfittò per dire una balla vergognosa, affermando che avrebbe devoluto quei soldi ai familiari delle vittime di camorra. Sapeva benissimo che erano usciti dalle casse della società presieduta da Marina Berlusconi e lì sono tornati, mentre lui la sua parte non l’ha mai scucita. L’unica beneficenza di cui al momento si ha notizia è quella che lo Stato ha fatto a Saviano, visto che lo scrittore ha chiesto e ottenuto un bonus da 10mila euro come credito d’imposta per le perdite subite a causa della pandemia.

Il postino bussa sempre due volte

La Libra, comunque, che già allora aveva sostenuto decine di migliaia di euro per la propria difesa in giudizio, si rivolse quindi nuovamente alla Suprema Corte, contestando il fatto che non fossero state seguite le indicazioni della sentenza del 2015. La Cassazione, lo scorso anno, ha emesso una nuova sentenza nella quale ha ribadito, stavolta in maniera ancor più netta, che il risarcimento dovuto alla Libra deve essere determinato tenendo conto degli “utili perseguiti dal plagiario in violazione del diritto”. Da allora è passato un altro anno. E sì, perché quando la Libra ha tentato di notificargli l’atto di citazione in Riassunzione, Saviano è risultato “irreperibile”, per cui ora i giudici di Appello, ai quali la Libra si è nuovamente rivolta, dovranno decidere se l’ultima notifica è andata a buon fine o se invece si dovrà attivare una procedura speciale per far pervenire gli atti allo scrittore.

Il peso di Berlusconi nei processi

Eppure i cronisti locali non si sono mai lamentati dei tempi della Giustizia. Né hanno mai insinuato che la Arnoldo Mondadori Editore possa avere un peso maggiore della Libra, una cooperativa di giornalisti senza scopo di lucro, nel processo per plagio. Nonostante tutti sappiano che la Mondadori fu acquisita dalla famiglia Berlusconi proprio grazie a una sentenza “comprata” dall’allora avvocato della Fininvest Cesare Previti, condannato in via definitiva per i soldi dati a uno dei giudici della Corte di Appello di Milano che annullarono il famoso “Lodo Mondadori”. Una pronuncia, quest’ultima, che in precedenza aveva consegnato la casa editrice di Segrate alla Cir di Carlo De Benedetti. Per questa vicenda Berlusconi fu prosciolto per prescrizione. Per non parlare dei cospicui “regalini” elargiti dal Cavaliere alle “Olgettine”, testimoni nel noto processo Ruby. Vicenda, questa, per la quale oggi Berlusconi rischia 6 anni di carcere per corruzione in atti giudiziari.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome