“Scusa” come argine alla rabbia digitale

L'intervento di Enrico Parolisi

Siamo perennemente arrabbiati. L’empatia è ridotta ai minimi storici. Sempre pronti ad avvalorare la nostra bravura facendo a pezzi chi sbaglia, come squali che annusano il sangue e si scagliano sulla preda. Come tori che vedono rosso. Questo ci racconta il Paese chiuso in casa – ma connesso sui social network – quando un redattore web di TGCOM24 (l’agenzia giornalistica di Mediaset) scivola in un errore da far accapponare la pelle e che resta online circa due minuti, prima di essere corretto. Luis Sepulveda è da poco morto e online va la notizia della scomparsa dell’autore di “Cent’anni di solitudine”. Che è in realtà Gabriel Garcia Marquez e che muore sui social network una volta ogni due anni dal 2014, per una strana abitudine di far circolare la notizia della sua dipartita in maniera del tutto estemporanea.

Ma torniamo alle reazioni che ognuno, con il suo Facebook perennemente aperto in quarantena, ha potuto ammirare sul news feed. Qualcuno ci ha riso, vero, ma molti altri si sono scagliati con la ferocia che solo la frustrazione sa donare. Si va dalla richiesta di licenziamento in tronco per chi ha commesso l’imperdonabile errore alla condanna urbi et orbi dell’intera redazione, dell’intera azienda, dell’intera categoria. Poco conta che l’errore sia stato immediatamente notato, subito corretto e che le scuse per quello che è evidentemente un lapsus (alzi la mano a chi non è mai capitato) siano ben visibili tanto nell’articolo originale che in uno a sé stante. Quello di TGCOM, invece, è da annoverarsi tra i comportamenti virtuosi ed è giusto applaudirlo.

Si tratterebbe di un gesto normale ma – siccome nell’informazione web declinata all’italiana è più facile premere “cancella” e far finta che l’errore non sia mai esistito che chiedere scusa e informare correttamente il lettore – parliamo di una normalità straordinaria che denota, invece, quanto in questo caso il lavoro giornalistico sia encomiabile. Già, perché dovrebbe spaventarci molto più la scomparsa dai quotidiani online di intere pagine quando queste conviene non ci siano più. Come se la bomba non l’avessero già sganciata, con i suoi effetti nefasti che non si possono eliminare semplicemente cliccando su un tasto dal pannello di controllo. Come dimenticare, ad esempio, l’incredibile revisionismo post-mortem dei giornali online che corsero a cancellare interi “dossier” su Tiziana Cantone, che oggi chiameremo vittima di revenge porn e che invece è stata vittima di un sistema che ha preso la sua vita e ne ha fatto ciò che voleva, fino ad azzerarne il valore. Basta premere “cancella” e scompaiono responsabilità e deliri di ira e idiozia. Come, ultimo meritevole di biasimo in ordine di tempo, quello della testata online Affari Italiani poche ore dopo l’errore su Sepulveda. Affari Italiani prende il Ministro della Salute belga Maggie De Block, la sbatte in bella vista e titola che il conteggio dei morti da coronavirus lo cambia lei dall’alto dei suoi 140 chili, lasciandosi andare a un body shaming che nemmeno nella famosa osteria in cui i nostri pensieri più ridicoli erano confinati prima dell’era digitale sarebbe stata presa come una battuta, tanto è l’astio che ci è stato vomitato dentro. Quell’odio resta, ma basta premere “CANCELLA” e “it’s not my problem, anyway”, “non è più un mio problema”. Allora lasciatemelo dire: non starò mai dalla parte di tutta questa rabbia, questa deresponsabilizzazione delle proprie azioni che il digitale sembra aver reso per alcuni versi così semplice. Io sto col redattore di TGCOM 24, con quelli che si assumono le loro responsabilità e sanno chiedere scusa quando sbagliano. L’informazione intera dovrebbe ripartire da qui.

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