In questi giorni capita sovente di leggere annunci come: “Si comunica che la Direzione Generale Istruzione, Formazione, Lavoro e Politiche giovanili ha disposto la chiusura pomeridiana degli sportelli al pubblico dei Centri per l’Impiego della Campania per il periodo 9-20 agosto 2021. Contestualmente, gli slot per gli appuntamenti su Agenda online sono ridotti ad uno nel periodo 1-31 agosto 2021”. O ancora: “Questo ufficio postale osserverà il seguente orario estivo”, e vai di chiusura il sabato.
Non solo: avete provato a prenotare una visita ai CUP delle ASL di Napoli in questi giorni? O vi siete avvalsi del formidabile (si fa per dire) trasporto pubblico locale che quello già è bello normale ma con l’orario estivo non ve ne parlo proprio? Ma, per un esempio ancor più banale, basterebbe raccontarvi di quella signora del centro di riparazione a cui avevo consegnato il mio telefono a luglio e che – a riparazione esternalizzata e vicina alla conclusione – mi ha detto che comunque prima di fine agosto non lo avrei riavuto perché il 6 si chiudeva per ferie. “Ma come – mi dice in maniera tra lo spazientito e il meravigliato – non si immaginava che chiudessimo per ferie? Lei non va in ferie? Lo avrebbe dovuto immaginare”.
E ancora, come la nostra direttrice Maria Bertone ricordava in un post su Facebook, che dire di quei parecchi ristoratori che, dopo mesi sulle barricate, non si sono privati della chiusura estiva in città ancora vive e vivaci? Come a Napoli dove sicuramente l’afflusso turistico non sarà quello forsennato pre Covid, ma che qualche visitatore lo sta ospitando – soprattutto stranieri non terrorizzabili come noi da bombardamenti mediatici. Dati che, chiaramente, andranno confermati a fine estate 2021.
Ma il punto è: quanto è italiana la chiusura estiva, l’oblio delle due settimane centrali di agosto che vedono tutto o quasi chiuso e non funzionante mentre il resto del mondo continua a lavorare, probabilmente meglio organizzato? Siamo d’accordo, è la solita storia: ad agosto le ferie sono sacre, in una combinazione micidiale tra tradizione quasi culturale (tipo che le due centrali di agosto sei uno bizzarro se resti in città) e un sistema lavorativo in cui ci si riempie la bocca di smart working e altri anglicismi mal sopportabili ma che come ben notate è difficile da scardinare nelle sue ataviche convinzioni (leggesi: la chiusura aziendale).
E questo è un dogma tutto nostro. Ma per chi resta in città – per qualsiasi motivo – cosa resta da fare se neanche i servizi pubblici, che dovrebbero essere tali tutto l’anno, funzionano o sono attivi? Come affrontare la terribile calura mentre il dibattito pubblico incalza ampolloso su un Green Pass che mostra ancora una volta le debolezze di una classe dirigente distratta e la fragilità di un sistema legislativo confuso e confusionario? Mentre qui al 14 agosto chi vi scrive cerca di barcamenarsi tra scadenze lavorative impossibili da perseguire perché – appunto – è il 13 agosto e a rispondermi alle mail sono solo tedeschi e spagnoli, beh, buone ferie. Se lo ritenete possibile. Per il resto, se ne riparla a settembre.