Shakespeare è rock (e parla in napoletano). Ecco l’album degli “Assafà”

Esce "Je song' 'sta poesia": i sonetti del Bardo tradotti in lingua partenopea dallo storico paroliere dei Bisca Dario Iacobelli e cantati dal figlio Filippo sulle musiche dei fratelli Fogliano

Elio Manzo, Sergio Maglietta (di spalle), Toni Simonetti, Amedeo Fogliano e Davide Fogliano
Elio Manzo, Sergio Maglietta (di spalle), Toni Simonetti, Amedeo Fogliano e Davide Fogliano
Il video del brano “Je song’ ‘sta poesia” realizzato da Francesca Tradii
Amedeo Fogliano - Filippo Iacobelli - Elio Manzo
Amedeo Fogliano – Filippo Iacobelli – Elio Manzo

Un luogo ideale in cui mondi separati dal tempo e dallo spazio si incontrano, si parlano, si riconoscono. La poesia di William Shakespeare, la lingua napoletana e il rock sono i tre protagonisti di “Je song’ ’sta poesia”, album di esordio della band partenopea Assafà. Un’opera che, come si legge sul dorso del booklet, “è l’eco di contaminazioni culturali e musicali che è parte del Dna dei musicisti e dell’opera di ZioD autore inconsapevole dei testi del cd tratti dal suo libro “30 sonetti di Shakespeare traditi e tradotti da Dario Iacobelli””.

Ma in fondo il vero protagonista di questo lavoro è proprio Dario Iacobelli, storico paroliere della rockband “Bisca” scomparso nel 2013. Aveva deciso di interpretare nella lingua che più amava, quella napoletana, il canto del “Cigno dell’Avon”. Suo figlio il cantante Filippo Iacobelli, ha voluto che quei testi fossero restituiti al pubblico anche attraverso una serie di brani realizzati da Amedeo Fogliano, ex bassista dei Bisca, e dal fratello Davide Fogliano (chitarre), con Toni Simonetti alla batteria.

Filippo Iacobelli - Elio Manzo - Amedeo Fogliano - Davide Fogliano
Filippo Iacobelli – Elio Manzo – Amedeo Fogliano – Davide Fogliano

Al progetto hanno partecipato anche i fondatori e attuali componenti dei Bisca Elio “100gr” Manzo (chitarra) e Sergio “Serio” Maglietta (sassofono), Francesca Del Duca alle percussioni, gli attori Morgan Hooper e Lino Musella (che ha portato nei teatri italiani i sonetti di Iacobelli) e Diotima Curto. La produzione artistica è degli stessi Amedeo Fogliano ed Elio Manzo. L’album è stato realizzato in parte nello studio di Elio Manzo, in parte nella sede della Polosud Records da Ninni Pascale e Fabio Marulli. La post-produzione è stata affidata a Bob Fix. Il libretto è decorato con i disegni tratti dal video del brano che dà il nome all’album, “Je song’ ’sta poesia” di Francesca Tradii.

Un lavoro preparato a lungo, come ci spiega Filippo Iacobelli. “Per quanto riguarda la musica, Amedeo e Davide Fogliano avevano già diverse idee in mente. Si vedevano con Toni per provare e mi chiesero di cantare un testo di mio padre. In quel periodo lavoravo con mia madre alla pubblicazione dei sonetti “traditi e tradotti da Dario Iacobelli” e così nacque l’idea di un album”.

Perché “traditi”?

“Mio padre amava Shakespeare e quella lingua, così poetica pur essendo lingua di strada. Per conservare quelle suggestioni ha immaginato che il napoletano contemporaneo sarebbe stato perfetto. Una lingua parlata dal popolo, piena di sfumature ma anche moderna. Parlava di tradimento perché a volte, per preservare il senso dei versi ha deciso di allontanarsi dalla traduzione letterale e di utilizzare parole diverse, privilegiando comunque la forma poetica, la delicatezza e la potenza della parola”.

Perché avete scelto proprio questi dieci sonetti?

“Li ho scelti quasi tutti in base alla musicalità, a come si adattavano alle musiche dei fratelli Fogliano. Quello che dà il nome all’album, però, “Je song’ ’sta poesia”, ha per me un significato particolare. Parla della caducità della materia e di ciò che invece resta, ovvero la poesia. E’ anche ciò che oggi resta di mio padre, per cui quel testo è un po’ una medicina per il dolore dovuto alla sua scomparsa”.

E’ stato complicato realizzare quest’album in piena pandemia?

“A volte. Alle sessioni di registrazione andavamo a turni, per evitare rischi. E poi considera che ciascuno di noi lavora in un settore diverso da quello musicale. La passione per la musica, però, ci ha permesso di superare ogni ostacolo. La musica è stata una costante nella mia vita. Sono cresciuto con i Bisca, negli anni ’80, nel mitico bar di Giovanni. E’ lì che avremmo voluto tenere il nostro primo concerto. Poi i Bisca hanno ascoltato i brani e hanno voluto partecipare alla realizzazione dell’album”.

Il progetto andrà avanti?

“Certo. Innanzitutto amiamo suonare dal vivo e non vediamo l’ora di iniziare. Poi abbiamo già altre idee per un nuovo album, che sarà sicuramente sviluppato intorno a temi diversi. Vedremo”.

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