Si spaccia per il cugino ortopedico: medico dello sport rinviato a giudizio

È l’accusa che il pubblico ministero Corona contesta al 56enne Giuseppe Santoro. L’iter giudiziario avviato dalla denuncia di un salernitano: credeva di essere in cura dal professionista dell’Humanitas e della Clinica Mediterranea

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CASAPESENNA – Da Salerno all’Agro Aversano per incontrare Giuseppe Santoro, medico specializzato in ortopedia e traumatologia che opera all’Humanitas e alla Clinica Mediterranea di Napoli. Era questo l’intento di G.P., 67enne salernitano: cercava un professionista con competenze specifiche per i suoi problemi di salute. Tuttavia, stando alle indagini coordinate dal pubblico ministero Giovanni Corona della Procura di Napoli Nord, l’uomo si è invece imbattuto in un altro Giuseppe Santoro, nato nel 1969, anche lui un camice bianco, ma specializzato in medicina dello sport.

Due medici con lo stesso nome entrambi di Casapesenna e anche parenti (sono cugini): un caso di omonimia che sarebbe potuto risolversi senza conseguenze, se non fosse che il secondo Santoro, invece di chiarire subito l’equivoco, avrebbe sfruttato, ipotizza la Procura, la situazione a suo vantaggio.

Secondo la ricostruzione accusatoria, il medico dello sport avrebbe accettato il paziente pur avendo compreso che non era lui il professionista che cercava. E il 67enne di Salerno, credendo che si trattasse invece proprio del noto ortopedico, decise di accettare le cure che gli venivano proposte. Quali? Delle infiltrazioni di acido ialuronico, dietro compenso di 200 euro, in vista di una futura operazione. L’inganno sarebbe stato rafforzato, afferma la Procura, da prescrizioni e documenti in cui il professionista classe 1969 dichiarava di possedere specializzazioni mai conseguite, tra cui ortopedia, medicina interna, cardiologia e pneumologia.
Ad innescare l’inchiesta, condotta dai carabinieri del Nas di Caserta, è stata la denuncia sporta dal paziente nell’aprile 2023 in Procura. In quel documento il salernitano ripercorreva tutta la storia, iniziando dal perché della sua ricerca dell’ortopedico: lamentava dolori all’anca e agli arti inferiori.

Dopo il ciclo di infiltrazioni che gli prescrisse Santoro, si sarebbe dovuto procedere con un intervento chirurgico. Ed è in questa fase che, riferì agli inquirenti, avrebbe scoperto il presunto raggiro.

Secondo quanto denunciato dalla vittima, il Santoro classe 1969 gli avrebbe assicurato che avrebbe potuto operarlo personalmente alla clinica Mediterranea, impiantandogli una protesi all’anca destra. Terminato il ciclo di infiltrazioni e giunti ormai alla fase preoperatoria, sarebbe emerso che l’intervento non poteva essere effettuato alla Mediterranea a causa di un “problema alle sale operatorie”. A quel punto, il medico gli avrebbe proposto di spostare l’operazione in una struttura di Santa Maria Capua Vetere. La sera prima del ricovero, però, l’imputato avrebbe contattato il paziente per informarlo che l’intervento sarebbe stato eseguito non da lui, ma da un suo collega. Insospettito, la vittima avviò delle verifiche, scoprendo così che l’ortopedico che cercava era un altro (nato nel 1976) e che il medico che lo aveva in cura era specializzato in Medicina dello Sport, dunque privo delle competenze per operarlo.

Il materiale raccolto dai carabinieri, attivati dalla denuncia, ha portato all’iscrizione del Santoro classe 1969 nel registro degli indagati con le accuse di sostituzione di persona, truffa ed esercizio abusivo della professione medica. Tuttavia, la contestazione di truffa sarebbe decaduta a seguito della remissione di querela da parte della vittima.

Il medico dello sport, difeso dall’avvocato Antonio Gravante, è stato rinviato a giudizio dal giudice Di Sarno del Tribunale di Napoli Nord e dovrà ora affrontare il processo (per sostituzione di persona) davanti al giudice Grunieri, con l’udienza di apertura fissata per novembre.
Nel procedimento è stata ammessa come parte civile – ritenendosi lesa dalla vicenda – l’ortopedico Giuseppe Santoro (del 1976), che ha incaricato l’avvocato Vincenzo Motti per tutelare la propria immagine e il proprio nome professionale.

L’imputato logicamente è da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna definitiva: sarà il processo ad accertare se si è compiuto o meno il reato di sostituzione di sostituzione di persona.

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