Sgomenti, sbigottiti, sbalorditi i meridionali si accorgono d’un tratto di essere manovalanza del nord Italia. Voi direte che a destarci sono stati tutti gli indicatori economici attualmente in nostro possesso? No! Forse i risultati di alcune attendibili ricerche, come quelli dell’ultimo rapporto del Centro Studi Confcommercio che conferma la sparizione di 800mila abitanti in quindici anni a scapito di una differenza di crescita del PIL di circa 17 punti percentuale tra settentrione e meridione? No! Abbiamo semplicemente toccato con mano quanti milanesi e torinesi di seconda generazione siano in realtà figli di campani, calabresi e siciliani trasferiti decenni fa che hanno fatto la ricchezza delle grandi aziende lavorando in grandi stabilimenti? No!
Ce ne siamo accorti perché in una trasmissione TV locale veneta, grazie ai grandi strumenti di indignazione collettiva oggi a nostra disposizione (i social network), una non-giornalista (ci ha tenuto a sottolinearlo, di fatto è solo una presentatrice) ha risposto (male) a un bambino che, intercettato col papà da un inviato fuori lo stadio del Vicenza appena battuto dal Crotone, ha la colpa di aver evidentemente ripetuto con una certa ingenuità fanciullesca “Lupi si nasce”.
La conduttrice, che si chiama invece Sara Pinna e già il cognome tradisce radici non proprio venete (è infatti sarda, figlia di sardi e nipote di pugliesi), replica piccata al suo piccolo interlocutore al grido di: “Gatti si diventa”. E chiosa, sempre all’indirizzo dell’implume fanciullo, confermando che prima o poi “anche loro verranno in Pianura (Padana, ndr) a cercare lavoro”.
Allora, che la frase sia infelice in un contesto sportivo è evidente. Che poi la rivolga a quell’anima innocente portata dal padre a una festa sportiva – per quanto abbia questa festa sancito la retrocessione della squadra locale in serie C – è ancora più riprovevole. Che le faccia girare, oh, certo che le fa girare. E pure tanto. Ma Sara Pinna, che ribadiamo ci tiene a ricordare che non è una giornalista, alla fine alla verità sostanziale dei fatti certo che si attiene. Sono decenni che i calabresi di Crotone e non, e i meridionali in generale, sono al centro di una emigrazione che affonda le sue radici profondamente in un passato nemmeno troppo recente.
Quello della Calabria potrebbe essere addirittura un case-study su come i meridionali abbandonano le loro terre per cercare lavoro e fortuna altrove. Il 15mo rapporto “Italiani Nel Mondo” della Fondazione Migrantes (anno 2020) racconta che “in Calabria, su una popolazione residente di 1.924.701 persone, gli iscritti all’Aire, l’anagrafe dei connazionali all’ estero, sono 423.668 (22%) per lo più residenti in America centro-meridionale ed Europa”. Figurarsi quanti calabresi, così come quanti campani e pugliesi, pasciano per campagne più o meno padane ad oggi e quanti, stante l’attuale situazione, continueranno a salire al nord. Ma sono tanti i casi che potremmo portare ad esempio di come questa manovalanza meridionale più o meno qualificata – e tacciata di essere svogliata e poco attaccata al lavoro, finanche poco produttiva – sia usata e sfruttata da aziende blasonate con ingenti capitali come manodopera a basso costo. Lo era quando i meridionali abbandonavano le terre natie e salivano con tanto coraggio con le corriere verso le fabbriche settentrionali anni fa e alla stazione erano affissi i cartelli con “non si affitta ai terroni” e lo sono ancor più oggi, con un mercato del lavoro ancor più precarizzato e globalizzato in cui le maestranze (non solo manuali ma anche professionali) meridionali sono globalmente più economiche e meno tutelate.
La conduttrice Pinna, insomma, ha raccontato il reale stato delle cose senza volerlo e in maniera più o meno raccapricciante, ma non si è discostata certo da come stanno i fatti. Il sud è a pezzi e noi siamo come quegli immigrati che, nei racconti stereotipati di qualcuno, “fanno i lavori che gli altri non vogliono più fare per pochi spiccioli”. Salvo una piccola nota a latere: secondo lo stesso rapporto Confcommercio citato in apertura, anche il nord Italia inizia a essere il sud Europa. C’è un trend, ancora trascurabile ma c’è, che racconta di come anche al nord i giovani iniziano a scappare verso altre pianure a cercare lavoro. Il tutto probabilmente legato al sistema Italia, al clamoroso sistema Italia fanalino di coda per la crescita degli stipendi ma con l’inflazione record, dove tutti spiegano a qualcuno come cercare la legittima felicità tenendosi strette malate radici. Senza considerare che alla fine siamo – tutti – sempre i terroni di qualcuno.
*esperto di comunicazione digitale
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