Siena, violenza sessuale di gruppo: inquirenti cercano video e foto sui telefonini

Sono terminati solo alle 22 di ieri sera, dopo circa 13 ore, gli accertamenti irripetibili sui telefoni cellulari dei quattro giovani indagati per la violenza sessuale di gruppo denunciata da una 21enne a Siena

Foto LaPresse

SIENA – Sono terminati solo alle 22 di ieri sera, dopo circa 13 ore, gli accertamenti irripetibili sui telefoni cellulari dei quattro giovani indagati per la violenza sessuale di gruppo denunciata da una 21enne a Siena. Tre degli indagati, Manolo Portanova, 21enne calciatore del Genoa, Alessio Langella, 23 anni, zio del giocatore, e Alessandro Cappiello, 24 anni, sono ristretti agli arresti domiciliari, mentre è indagato a piede libero un 17enne.

L’acquisizione delle copie forensi è stata disposta dagli inquirenti per cercare eventuali video o foto della violenza denunciata dalla giovane, che ha riferito di aver visto dei flash mentre veniva aggredita al buio. Acquisita copia forense anche del cellulare della ragazza.

Le operazioni, che si sono tenute negli uffici della guardia di finanza, alla presenza dei legali e dei tecnici informatici nominati dalle parti oltre a un tecnico informatico delle fiamme gialle nominato dalla procura senese, sono iniziate dal cellulare di Langella, sono proseguite con la copia di quello di Cappiello che, secondo la ragazza, potrebbe aver fatto i video, e infine è toccato al cellulare di Portanova. Per una questione di nullità è stata rinviata l’operazione sul telefonino del 17enne indagato. Sui contenuti dei cinque cellulari sequestrati svolgerà successivamente gli accertamenti la squadra mobile della questura senese. La procura analizzerà poi le chat e video di cui le difese che hanno fatto ricorso al tribunale della libertà chiederanno copia.

L’avvocato Duccio Panti, difensore di Alessio Langella, ha spiegato ai giornalisti che “filmati e video di quella sera ci sono, a quanto mi risulta, ma non sarebbero stati divulgati, piuttosto subito cancellati, stando a quello che mi ha riferito il mio assistito. Nel cloud restano trenta giorni per cui possono essere recuperati. Ma fino a quando non si aprono i video non possiamo sapere quali sono riferibili al caso o ad altre cose”.

(LaPresse)

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