CITTA’ DEL VATICANO – C’è ancora speranza per padre Paolo Dall’Oglio, rapito in Siria nel 2013. Fonti curde confermano all’agenzia Fides, delle Pontificie Opere Missionarie, che il missionario italiano sarebbe vivo e nelle mani dello Stato Islamico. Farebbe parte di un gruppo di civili in ostaggio dei miliziani nell’ultima sacca di territorio controllata dagli jihadisti nel sud-est della Siria.
Numerose le segnalazioni al Vaticano
Negli anni, il Vaticano ha ricevuto moltissime segnalazioni su padre Dall’Oglio. “Fino adesso le informazioni che parlavano del fatto che padre Dall’Oglio fosse ancora in vita non si sono rivelate attendibili, vediamo”, aveva detto il segretario di Stato, Pietro Parolin, all’inizio del mese scorso, dopo un’inchiesta del Times che aveva anticipato la trattativa.
Padre Dall’Oglio è scomparso nel 2013
Dall’Oglio è scomparso a luglio 2013 a Raqqa, che allora era la roccaforte siriana di Daesh. La testata libanese Al-Akhbar, vicina ad Hezbollah, scrive che la liberazione del sacerdote sarebbe addirittura imminente.
Potrebbe essere vivo e ostaggio dell’Isis
I negoziati per la liberazione di padre Paolo e di altri ostaggi si sarebbero intensificati negli ultimi giorni: i miliziani del Daesh e le forze curdo-siriane appoggiate dagli Stati Uniti avrebbero già raggiunto un accordo. Come era già emerso nelle scorse settimane, tra le richieste avanzate per la liberazione di Dall’Oglio ci sarebbe quella di un ‘lasciapassare’ per garantire la fuga di alcuni leader jihadisti.
Le fonti potrebbero essere attendibili
Secondo alcuni ecclesiali, stavolta le voci su Paolo sarebbero “degne di non essere respinte come inattendibili”, perché riportate da ostaggi curdi usciti vivi dal territorio ancora in mano all’Isis. Sono loro che lo avrebbero visto vivo, insieme a altri prigionieri, compresi il giornalista britannico John Catlie e un’infermiera neozelandese della Croce Rossa.
Tempi difficili per i negoziati
Nelle ultime settimane, grazie a una tregua, in migliaia tra civili e familiari di miliziani jihadisti sono usciti vivi dalla ridotta di Baghuz. Ma questo è il momento più delicato dei negoziati, in cui ogni intensificazione delle operazioni militari e delle incursioni aeree potrebbe far saltare tutto.
(LaPresse)