Taiwan, conclusa la visita di Pelosi: “Pechino continua a mostrare i muscoli”

"Oggi la nostra delegazione è venuta qui per chiarire inequivocabilmente che non abbandoneremo il nostro impegno nei confronti di Taiwan e che siamo orgogliosi della nostra duratura amicizia".

In this image taken from video, U.S. House Speaker Nancy Pelosi exits a plane as she arrives in Taipei, Taiwan, Tuesday, Aug. 2, 2022. Pelosi arrived in Taiwan on Tuesday night despite threats from Beijing of serious consequences, becoming the highest-ranking American official to visit the self-ruled island claimed by China in 25 years. (Taiwan Ministry of Foreign Affairs via AP)

WASHINGTON – “Oggi la nostra delegazione è venuta qui per chiarire inequivocabilmente che non abbandoneremo il nostro impegno nei confronti di Taiwan e che siamo orgogliosi della nostra duratura amicizia”. Sono le parole con le quali Nancy Pelosi, incurante delle minacce che giungevano dalla Cina e dell’imbarazzo provocato nell’Amministrazione Biden dalla sua visita nell’isola, ha impresso il proprio ‘marchio’ sulle complicare relazioni tra Washington e Pechino. “Ora più che mai la solidarietà dell’America con Taiwan è cruciale e questo è il messaggio che portiamo qui oggi. La determinazione dell’America a preservare la democrazia, qui a Taiwan e in tutto il mondo, rimane ferrea”, ha detto la speaker della Camera prima di lasciare l’isola e dopo aver ricevuto dalla presidente Tsai Ing-wen la più alta onorificenza civile di Taiwan.

La visita di Pelosi, preceduta da settimane di indiscrezioni, polemiche e dichiarazioni bellicose da parte di Pechino, nonostante l’invito alla moderazione che veniva dalla Casa Bianca, secondo il ministro degli Esteri cinese Wang Yi è stata una “farsa completa”. Poi, Wang ha ripetuto le parole pronunciate da Xi Jinping nella telefonata avuta con Joe Biden due settimane fa, “coloro che giocano con il fuoco si bruceranno”, aggiungendoci di suo un poco rassicurante, “coloro che offendono la Cina saranno puniti”. La rabbia di Pechino è evidente e la retorica bellicista è stata accompagnata in questi ultimi giorni dall’avvio di esercitazioni militari navali e aree attorno all’isola e dalla violazione dello spazio aereo di Taiwan da parte di ben 27 caccia cinesi, come denunciato dal ministero della Difesa di Taipei.

“Non vi è alcuna giustificazione per usare una visita come pretesto per un’attività militare aggressiva nello Stretto di Taiwan”, hanno scritto in una nota congiunta i ministri degli Esteri del G7. Al quadro si è aggiunta anche la condanna della visita da parte di Mosca, pronta a mostrare la propria solidarietà a Pechino. “Impossibile sottovalutare il livello di tensione che questa visita ha suscitato nella regione. Questa è la provocazione più pura. Questa non è una linea volta a sostenere la libertà e la democrazia”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Sulla vicenda interveniva infine anche la Casa Bianca, sottolineando che la visita di Pelosi a Taiwan “non cambia nulla” nella politica Usa nei confronti della Cina o nel rapporto con Pechino. Quanto alla reazione cinese alla vista sull’isola della speaker della Camera, la portavoce Karine Jean-Pierre ha spiegato che “sapevamo che sarebbe successo”, ma gli Stati Uniti continuano ad avere un atteggiamento “moderato” e “gestiranno” le eventuali e ulteriori azioni cinesi.

La Cina non si è però accontentata di mostrare i muscoli sul fronte militare e ha annunciato anche un boicottaggio economico nei confronti di Taiwan. Il ministero del Commercio di Pechino ha sospeso le esportazioni sull’isola di sabbia naturale, utilizzata per l’industria dei semiconduttori. Sospese anche le importazioni da Taiwan di una serie di prodotti agroalimentari, secondo quanto riportato dai media cinesi.

E tuttavia, come ha spiegato in un rapporto Carl B. Weinberg, esperto di High-Frequency Economics, la Cina non bloccherà le esportazioni di chip verso Taiwan, evitando così di interrompere uno dei rapporti tecnologici e produttivi più importanti del mondo. Pechino non ha interrotto il flusso di chip e altri componenti industriali, un’eventualità che avrebbe creato danni all’economia del’intero Pianeta. “L’economia globale non può funzionare senza chip prodotti a Taiwan o in Cina”, ha affermato l’esperto.

Dal corrispondente Marco Liconti

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