NAPOLI – Sapevano ma non hanno fatto nulla. E’ su questa convinzione che poggiano i ricorsi, presentati singoli cittadini e associazioni, sul caso ‘Terra dei Fuochi’, ora all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il rischio di una nuova, salatissima multa, per l’Italia, è emerso nei giorni scorsi. Dalle carte si capisce chiaramente che se qualcuno sarà punito, per lo sversamento, la combustione, l’interramento di rifiuti pericolosi e la gestione di discariche illegali, ai danni della salute dei cittadini campani, sarà solo per merito della gente comune. Quattromila, in totale: Tra i trentaquattro, tecnicamente indicati come “caso Di Caprio e altri c. Italia e altri tre ricorsi” quindici sono seguiti dall’avvocato Antonella Mascia del foro di Verona e Strasburgo, dall’avvocato Valentina Centonze del foro di Nola, dall’avvocato Armando Corsini del foro di Santa Maria Capua a Vetere e dall’avvocato Ambrogio Vallo del foro di Napoli Nord.
Di questi ricorrenti cinque sono associazioni costituitesi nel territorio per agire a tutela dei propri associati. Peraltro risulta che tra il 2013 e il 2014 diverse migliaia di persone si siano rivolte alla Corte europea dei diritti dell’uomo e che nel corso della trattazione dei ricorsi presentati molti di questi siano stati dichiarati irricevibili a seguito delle decisioni adottate nel 2015 e nel 2016.
In particolare, invocando gli articoli 2 e 8 della Convenzione, i ricorrenti quali persone fisiche hanno lamentato che le autorità hanno avuto conoscenza dell’esistenza del rischio reale e immediato per la loro vita o per quella dei loro congiunti deceduti conseguenti allo sversamento dei rifiuti in discariche non autorizzate, all’interramento e alla combustione illegale dei rifiuti speciali pericolosi e che non hanno adottato le misure che avrebbero potuto ragionevolmente ovviare a questo rischio. Hanno lamentano inoltre che non esiste un quadro normativo in grado di permettere alle autorità di perseguire in modo effettivo i responsabili dell’inquinamento.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha indicato che il fenomeno della “Terra dei Fuochi” interessa 2.965.000 abitanti, pari al 52% della popolazione campana, evidenziando che il Parlamento italiano ha preso atto della situazione solo a partire dalle dichiarazioni di un pentito (Carmine Schiavone) avvenute nel 1997, sottoposte queste a segreto di Stato fino al 2013. Successivamente sono state adottate una serie di misure legislative volte all’individuazione dei Comuni colpiti dall’inquinamento, operazione avvenuta tuttavia su base presuntiva, e inoltre si è provveduto al monitoraggio dello stato di salute degli abitanti attraverso l’istituzione del registro tumori, avvenuta tuttavia solo a partire dal 2012 e non completata a livello regionale.
La Cedu ha così esaminato i lavori di sette commissioni d’inchiesta parlamentari svoltesi tra il 1995 e il 2018 e i vari gli studi condotti sull’impatto sanitario. Con la comunicazione dei quattro ricorsi si apre ora la fase contraddittoria dove le parti dovranno rispondere ad una serie di quesiti specifici proposti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
In particolare il Governo è stato chiamato per primo a indicare, entro il prossimo 20 giugno: se le autorità sapevano o avrebbero dovuto sapere che vi era un rischio reale ed immediato per la vita e la salute dei ricorrenti e, in caso affermativo, in quale momento e in base a quali elementi hanno o avrebbero dovuto avere conoscenza dell’esistenza di un tale rischio; se hanno fatto tutto quello che si poteva ragionevolmente attendere da loro, anche in considerazione degli obblighi nascenti dal diritto dell’Unione europea e dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea al fine di prevenire tale rischio e rispettare gli obblighi positivi nascenti dagli articoli 2 e 8 della Convenzione; se lo Stato ha esercitato il suo dovere di vigilanza e ha adottato le misure adeguate per proteggere i diritti dei ricorrenti; se il Governo ha rispettato il suo obbligo rispetto alle ricerche da effettuare per determinare l’esistenza di un nesso tra l’inquinamento e i rischi per la salute e le informazioni da fornire ai ricorrenti quanto ai rischi corsi.
Il governo, da parte sua, è stato sollecitato a fornire risposte precise riguardo: le misure adottate per individuare le zone inquinate; la verifica dello stato d’inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua e l’esame dell’impatto sulla salute; l’informazione fornita alla popolazione dei rischi legati all’inquinamento. Dovrà poi fornire i dati riguardanti la mappatura dei terreni, le azioni di prevenzione adottate, la messa in sicurezza dei siti contaminati, l’istituzione del registro delle aree interessate da abbandono e rogo di rifiuti, i procedimenti penali in corso. Dovrà indicare infine quali sono state le misure adottate per adempiere agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione europea e dalle sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
La Cedu ha anche fatto sapere che tratterà i quattro ricorsi comunicati in via prioritaria avendo le caratteristiche perché si possa adottare la procedura di sentenza pilota, dato che risulta sussistere un problema sistemico o strutturale a livello nazionale. “Questo primo riscontro a livello europeo segna un ulteriore passo in avanti nella ricerca di veritá e giustizia per il nostro popolo- ha sottolineato l’avvocato Vallo – Ne abbiamo ancora di strada da fare e non molleremo fino a che non venga riscattata la nostra Terra! Ho iniziato questa battaglia quasi dieci anni fa con la maxiquerela sottoscritta da 22mila cittadini, uniti dalla voglia di cambiare! Sono fiducioso che uniti possiamo farcela”.