L’Iliade di Omero, nella stupenda traduzione di Vincenzo Monti, era pane quotidiano per gli studenti nel tempo in cui didattica ed istruzione erano i principii fondamentali sui quali si fondava la scuola italiana. Non c’è alunno che, in quel tempo, non recitasse a memoria interi passi del poema e non conoscesse appieno gli eroi protagonisti. Da Ulisse, l’uomo dal multiforme ingegno, al mitico Achille, l’immortale guerriero che aveva però nel tallone il suo punto debole per essere stato calato nello Stige, il fiume che separava il mondo dei vivi da quello dei morti, dalla madre che, per bagnarlo, lo teneva proprio per quell’unica parte mortale del corpo. Poi l’eroico Ettore, campione dei Troiani che affrontò Achille in duello per difendere l’onore della patria e via di seguito i rimanenti principi delle città greche che andarono a Troia per vendicare l’offesa del rapimento di Elena da parte del principe troiano Paride. I greci, gente sveglia ed arguta, avevano inventato la loro democrazia che poi risultava essere l’unica praticata in tutto il mondo conosciuto in quell’epoca di re e tiranni. Tuttavia non era una democrazia compiuta. Essa era limitata e circoscritta non a tutti i cittadini ma solo a quelli che godevano di determinate prerogative individuate nella casta e nel censo. Insomma chi decideva erano la solita ristretta schiera di soggetti aventi diritti che non erano estesi a tutti i cittadini. Gli antichi pensavano che chi fosse soggetto all’influenza del bisogno, dell’ignoranza ed alla sudditanza verso terzi (la moglie nei confronti del marito, lo schiavo verso il padrone) non potesse decidere serenamente e senza vincoli sul da farsi per il bene della comunità. Un’idea che praticamente resse per secoli. Bisognerà infatti aspettare il secolo dei lumi perché il filosofo ed economista liberale francese Benjamin Constant, scrivesse “Il discorso sulla libertà degli antichi e quella dei moderni” per evidenziare che quella democrazia così concepita dagli antichi favoriva le élite ristrette, detentrici del potere economico, politico e civico e quindi che questi fossero gli unici a poterla esercitare. Una libertà che non diffonde i diritti a tutti i cittadini indistintamente è una falsa libertà dal momento che la democrazia richiede l’estensione dei diritti al voto e della libertà individuale a tutti i componenti del consesso sociale. Per quanto limitate oppure condizionate da eventi esterni, ciascuno ha diritto a concorrere concretamente nelle decisioni che riverberano conseguenze sulla vita degli individui. Un discorso che, se non recepito ed applicato, rischia di lasciare le cose in mano ai potenti. Non a caso dopo la rivoluzione francese, che aveva sovvertito l’ancien regime ed azzerato l’assolutismo delle teste coronate ed i privilegi delle caste sociali, seguì l’epopea napoleonica che altro non fu che una restaurazione, di fatto, del vecchio potere monarchico sotto altra veste. Roba vecchia si dirà. Ormai sorpassata dalle moderne democrazie, dalle mutate condizioni sociali, dai mille mezzi attraverso i quali il cittadino oggi può esprimere le proprie opinioni e muovere critiche a qualunque autorità costituita. Ma è proprio così nei tempi moderni? Il popolo sovrano esprime ed incide realmente nella gestione della cosa pubblica attraverso la democrazia parlamentare? Il 25 settembre, in Italia, milioni di elettori si recheranno alle urne per votare chi tra le migliaia di candidati e le decine di liste concorrenti, dovrà governare la nazione. Questa prassi democratica determina effettivamente che la volontà popolare sia tradotta in indirizzo e sopratutto in vincolo per chi debba amministraci? Se una legge elettorale attraverso decine di arzigogoli tecnici, soglie, percentuali, liste bloccate, riesce a manipolare il responso elettorale piegandolo a volontà espresse dopo il voto, attraverso pattuizioni e valutazioni successive allo spoglio, la democrazia avrà il valore che merita? In soldoni: se votiamo un partito e questi cambierà radicalmente la propria posizione dopo la preferenza espressa, la nostra scelta sarà stata solo… indicativa!! In un Paese nel quale è possibile assistere alla nascita di tre diversi governi, con diverse ed antitetiche maggioranze politiche, che valore avrà avuto la volontà del cittadino elettore? E se i partiti politici che fanno da tramite costituzionale tra popolo ed eletti sono diventati delle ditte intestate a persone, prive di democrazia decisionale interna, chi potrà garantire che il voto sia convertito coerentemente in una politica consequenziale? Nell’Iliade poco conosciuta è la figura di Tersite, colui che si intromise nella discussione in atto tra i principi rivendicando il diritto per tutti i soldati di poter decidere anch’essi la fine della guerra di Troia. Finì bastonato ed umiliato da Ulisse come inadatto a poter discutere con i principi ed i re. Forse con questa politica oligarchica ed esoterica Tersite può diventare il nostro eroe e la nostra speranza…
*già parlamentare
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