VILLA DI BRIANO – “Da oltre 50 anni sul territorio. Il meglio della ‘Campania Felix’ e del Sud Italia. Cento percento bio, una filiera controllata e di prossimità”: è il biglietto da visita della società dei fratelli Cantile. Garanzie date ai potenziali clienti che visitano la pagina web della loro ditta, ‘Terranostra’, con sede in località Stracciasacco, a Sessa Aurunca, e “un sito produttivo che si estende a Pietramelara su 44mila metri quadrati, di cui 8mila interamente coperti”. Ma le fiamme gialle del Comando provinciale di Caserta e gli ispettori dell’Unità investigativa centrale del Ministero dell’Agricoltura la pensano diversamente. Di ‘bio’, parte dei prodotti che hanno venduto negli ultimi 6 anni, avrebbero avuto poco o niente.
L’inchiesta
Andiamo con ordine. L’indagine dei finanzieri, coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, avrebbe dimostrato la partecipazione dei Cantile, imprenditori brianesi, ad un’associazione a delinquere. Ed in questa ipotizzata ‘gang’ avrebbero avuto un ruolo importante anche i rappresentanti di altre due società, una di Cuneo e l’altra con sede a Catania. Il presunto sodalizio criminale, affermano gli investigatori, grazie all’appoggio di imprese agricole compiacenti, attive principalmente in Puglia, Calabria e Lazio, avrebbero immesso nel mercato prodotti alimentari spacciandoli per biologici. Ed invece, come detto, di biologico, stando alla tesi dell’accusa, non avevano nulla. Le aziende ‘amiche’ avrebbero fornito agli ipotizzati componenti della compagine criminale false fatture per giustificare l’acquisto di mandorle e pomodori dichiarati come biologici. In realtà ad essere venduti, dice la Procura, erano prodotti provenienti dall’estero (alcuni dalla California) che non avrebbero potuto avere la certificazione di ‘biologico’.
Le misure cautelari
Questa tesi ha convinto l’ufficio gip del Tribunale di S. Maria Capua Vetere ad emettere 7 provvedimenti cautelari. L’interdizione temporanea dell’esercizio di attività imprenditoriale per 12 mesi e il divieto di dimora nella provincia di Caserta: sono le misure scattate ieri mattina per i fratelli Claudio, Salvatore, Michele e Vincenzo Cantile (che con le loro aziende sono in grado di generare un volume di affari superiore ai 20 milioni di euro annui) e per altri tre businessman, due della provincia di Cuneo, titolari di un’importante impresa di importazione ed esportazione di mandorle, frutta secca e conserve di pomodoro, e un altro di Catania, al vertice di una ditta specializzata nell’import export sempre di mandorle e frutta secca. Sintetizzando, i 7 indagati (da ritenere innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) rispondono, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al falso ideologico e alla frode in commercio aggravata e di aver venduto nel periodo compreso tra l’anno 2016 e il 2022 ingenti quantitativi di prodotti agroalimentari falsamente dichiarati come biologici. L’inchiesta è stata condotta dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) e dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Caserta. Il lavoro svolto, sostiene il procuratore Carmine Renzulli, ha consentito “di svelare un complesso e ramificato sistema di frode”.
La copertura delle società cartiere
Grazie al supporto delle società ‘cartiere’, la presunta associazione per delinquere, ha ricostruito la Procura, ha potuto godere “di una apparente copertura documentale che ha permesso di celare la vera natura fraudolenta dell’azione imprenditoriale immettendo sul mercato mandorle e conserve di pomodoro spesso contaminate con sostanze chimiche non ammesse in agricoltura biologica, o comunque – ha chiarito Renzulli – ottenute senza alcuna garanzia di origine e provenienza del prodotto e del processo produttivo”.
Le segnalazioni dall’estero
Se l’ipotizzato meccanismo fraudolento è stato smascherato è grazie “al controllo delle autorità nazionali ed estere”, attivato da una “notizia di reato depositata dall’Unità investigativa centrale dell’Icqrf, sulla base dei primi riscontri provenienti dalle comunicazioni intracomunitarie del sistema Ofis (Organic farming information system) che hanno permesso di attenzionare il fenomeno ed i soggetti ad esso collegati”.
Erano giunte segnalazioni di irregolarità (a seguito delle analisi effettuate sui prodotti commercializzati dalle società indagate) dalle autorità di controllo della Germania e dell’Olanda e in seguito anche della Francia, dell’Austria, della Spagna, della Danimarca e del Belgio.
“È d’obbligo rilevare che il provvedimento eseguito – ha chiarito il procuratore Renzulli – è una misura non ancora definitiva e avverso cui i soggetti destinatari potranno far valere i mezzi di impugnazione previsti dalla legge”.
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