“Sono dati paurosi”. Così il responsabile regionale dei Medici per l’ambiente Gaetano Rivezzi commenta il report della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere sulla forte incidenza di alcune patologie nella “Terra dei fuochi”. Oltretutto lo studio della Procura non prende in esame tutte le tipologie: “Per i tumori infantili, vengono riscontrati solo i dati delle leucemie, ma nella zona a rischio abbiamo diversi casi di neoplasie cerebrali, che la letteratura scientifica internazionale collega all’impatto ambientale. Ma il dato che ci preoccupa di più è quello dei tumori alla mammella, che peraltro conferma lo studio portato avanti dalla Procura di Napoli Nord: anche in quel caso i numeri per le donne sotto i 40 anni sono significativamente più alti”.
Rivezzi nota che il protocollo d’intesa dal quale è nato lo studio della Procura sammaritana risale al 2017: “Ci sono voluti 4 anni per conoscere i dati, mentre l’intenzione era di pubblicare report ogni anno”. E dal gruppo che ha portato avanti gli studi i Medici per l’ambiente sono stati esclusi: “Abbiamo partecipato solo alla prima riunione, invitati dal procuratore Maria Antonietta Troncone, ma poi la Regione non ci ha voluti, in quanto non siamo un organo istituzionale”.
Asl e Regione “non hanno intensificato i controlli nelle aree a rischio, anzi con l’emergenza Covid lo screening sul tumore alla mammella è crollato. Abbiamo chiesto più volte un’attenzione particolare e ci siamo sentiti dire dalla Regione che i dati erano nella norma. Ma operiamo su questo territorio da 15 anni e abbiamo dimostrato, cartelle cliniche alla mano, che i numeri sono preoccupanti”. Basti pensare ai tumori allo stomaco nelle donne di Marcianise e San Marco Evangelista, con un aumento del rischio compreso fra il 9% e il 35,5%. “Questo tipo di patologia – spiega Rivezzi – risente prevalentemente di contaminazione da sostanze chimiche di tipo industriale: negli anni scorsi in una zona di Marcianise è stato trovato tricloroetilene nell’acqua”. E adesso i Medici per l’ambiente stanno preparando un’azione legale contro la Regione: “Puntiamo – spiega il responsabile campano – a far riconoscere dai magistrati civili l’omissione dell’opera di prevenzione da parte dell’ente di Palazzo Santa Lucia”. Il successo di questo ricorso aprirebbe la porta ai ricorsi individuali intentati dalle persone danneggiate dall’inquinamento. Rivezzi accusa la Regione anche sull’utilizzo dei fondi: “I 33 milioni stanziati dal ministero della Salute in base alla legge del 6 febbraio 2014 si sono dissolti in corsi di formazione e opuscoli. A gestire i fondi per conto del presidente della Regione Vincenzo De Luca è stata la dirigente della Asl Napoli 1 Tiziana Spinosa: ci dica come li ha spesi. A Taranto si fanno studi di monitoraggio, qui i corsi di formazione”.
Negli anni scorsi i Medici per l’ambiente hanno segnalato che mancano informazioni sul tipo di lavorazione e l’impetto ambientale di diverse aziende operative nelle zone industriali: “Non è cambiato niente, spesso le aziende si impiantano ma non fanno informazione su cosa producono e quanto inquinano”.
Rivezzi lancia quindi un appello ai procuratori della Repubblica che hanno competenza sulle zona a rischio: “Quando si commettono reati ambientali in queste zone le pene devono essere più severe: va riconosciuto che il rischio sanitario è fuori norma”.
Infine, madri e bambini colpiti dai tumori vanno sostenuti anche dal punto di vista sociale ed economico, non solo sanitario.
Tumori alle stelle in Campania, Regione sotto accusa
Rivezzi (Medici per l’ambiente): “Gli screening nelle zone a rischio sono crollati. I 33 milioni erogati dal Ministero spesi in corsi e opuscoli”. Il portavoce del sodalizio nota che dallo studio della Procura mancano i dati sulle neoplasie al cervello nei bambini che sarebbero in aumento