I primi sono stati i sindaci. A seguire i presidi, poi i responsabili di ogni pubblica amministrazione. Per loro è sempre tutto “a rischio”. Come fu per le primissime forme di fondi europei, oggi lo è per i contributi del Pnrr. “Abbiamo poco personale, non possiamo presentare i progetti”, è il refrain degli ultimi tempi. Prima sussurrato, ora urlato perché, dicono gli esperti, il 2022 è l’anno cruciale per la presentazione dei progetti, che vanno realizzati e collaudati entro il 2026, pena la perdita dei finanziamenti. E il 2022 è quasi finito e dei progetti non c’è neanche l’ombra. “Non abbiamo chi li fa”, insistono i signori sindaci, presidi e ‘capoccia’ della PA. Saranno tutti nelle società private o nelle fondazioni, quindi, che invece ne stanno presentando a iosa, approfittando dell’unica, vera opportunità che abbiamo per risollevare il tessuto sociale ed economico del nostro Paese. Non a caso il piano di Mario Draghi fa riferimento alla ‘resilienza’, che è la capacità di resistere e di reagire di fronte alle difficoltà e agli eventi negativi. Dopo una crisi economica aggravata da due anni di pandemia, l’Italia, con l’aiuto dell’Europa, ha messo a disposizione 222,1 miliardi di euro per investire e ripartire. Ma gli italiani saranno capaci di non usarli, nascondendosi dietro la foglia di fico del “non ho personale”. Una bugia colossale. Nessuno ha mai pensato che nei Comuni e nelle pubbliche amministrazioni, paralizzati dal blocco delle assunzioni e dai legacci del patto di stabilità, si potessero trovare dipendenti preparati per pensare, scrivere e presentare correttamente i progetti del Pnrr. Non ce sono, semplicemente perché il ragioniere dell’Ufficio tecnico del Comune X, ma pure di quello Y, magari è stato assunto quaranta anni fa, quando bastava il diploma di scuola superiore. Non è un tecnico, non è un esperto. Quelli si ingaggiano a progetto, e si retribuiscono con una voce apposita inserita nel progetto stesso. Quando sarà approvato e i soldi verranno liquidati, il professionista avrà garantito il suo compenso. Ciò che il Comune deve fare è mettere a disposizione una stanza, un computer e un telefono, nulla di più. E’ così complicato? Così gravoso? No. E allora perché stiamo leggendo questa sequela di lamentele, di appelli, di giustificazioni? Perché stiamo sprecando un’opportunità unica? Semplice: perché tutto quello che crea consenso diventa un boomerang se non è controllabile. E se intorno a un progetto da centinaia di migliaia di euro come quelli che il Pnrr rende realizzabili c’è un indotto enorme (chi pensa il progetto, chi lo realizza, chi ne beneficia, solo per essere sintetici), tenere d’occhio tutta la filiera diventa impegnativo. Sfuggente. S’infiltreranno altre figure tra il Comune e il lavoro finito, e addio consenso. Meglio non avere rogne se non posso trarne beneficio. E al diavolo le opportunità. E’ un discorso scomodo, ma sappiamo bene che dove ci sono i soldi i contorni non sono mai chiari. Ma basta questo a giustificare le occasioni perdute? No, perché si cresce solo agguantandole. Chi ci amministra abbia coraggio e faccia, che a scaldare le sedie siamo bravi tutti.
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