MILANO – L’Italia potrebbe “trovarsi in guerra”. Perché nel dibattito sul ripudio dei conflitti, oltre agli articoli 11 e 52 della Costituzione, “c’è un terzo articolo che va ricordato, l’art. 78 che sancisce che il Parlamento delibera lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari”. È un Giuliano Amato con molte “preoccupazioni sull’avvenire anche per la tenuta degli ordinamenti costituzionali europei” quello che parla per tre ore dal Palazzo della Consulta. Prima alla riunione straordinaria della Corte Costituzionale davanti al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, dove il Presidente della Consulta illustra l’attività costituzionale “in lieve calo” nel 2021. È preoccupato per quell’Europa che “rimane l’ancoraggio allo Stato di diritto e alle regole del dialogo rispetto all’unilateralità”. Poi risponde alle domande dei giornalisti il presidente della Consulta commentando la Costituzione, che all’articolo 11 specifica che “l’Italia ripudia la guerra” e all’articolo 52 prevede “la difesa della Patria”.
Ma Amato ricorda anche che se all’Italia “non fosse consentito per Costituzione di partecipare a un conflitto” allora “sarebbero illegittimi sia l’art. 5 del trattato Nato che l’art. 42 dell’Unione europea che dice che qualora lo Stato membro subisca un’aggressione sul suo territorio gli altri Stati membri sono tenuti a prestare assistenza con tutti i mezzi in loro possesso”. La spesa militare al 2%? Un impegno che “esiste da molti anni e l’Italia lo ha sempre rispettato con parsimonia – dice Amato -. Questa volta mi pare che risulterà adempiuto nel 2028 con l’accordo di tutti”. Il soft power di Bruxelles? “La domanda è quanto, in tempo di lupi, si riesce a essere efficaci con il soft power e a indirizzare le decisioni degli altri”. Bruxelles, Kiev, la situazione dei rapporti con Mosca e Vladimir Putin sono i temi che attraversano la relazione annuale e le risposte di Amato. Una situazione “tale per cui un’istruttoria della Procura presso il Tribunale internazionale per i crimini di guerra – che l’ex presidente del consiglio e costituzionalista ha contribuito a realizzare nel 1998 – può essere avviata per cercare prove che si trovano nel territorio di uno Stato che ne ha accettato lo Statuto, come l’Ucraina. E poi si vede cosa succede”. Ma il Presidente rammenta anche che “la giurisdizione di quella Corte è sulle persone, non sugli Stati e le nazioni”. Al contrario dei giudici di Strasburgo e del Consiglio d’Europa che la Federazione russa ha appena abbandonato. Una scelta le cui “ripercussioni – sottolinea Amato nelle sue considerazioni finali – investono anche le sedi e le forme di collaborazione tra le Corti”. Gli viene chiesto cosa possano fare i massimi giudici in questa fase per frenare la crisi e la deriva di civiltà. “Seguire fino a un certo punto le pulsioni degli Stati a cui appartengono, volte a far prevalere le identità nazionali sui valori comuni”. Cambia argomento Amato e parla a 360 gradi: sui “bambini nati da maternità surrogata” e “i figli nati da fecondazione eterologa nell’ambito di coppie omosessuali” c’è un “vuoto” che “non può essere colmato dalla Corte”. Serve un “intervento del legislatore che disciplini in modo organico la condizione dei nati nelle diverse circostanze” dove la “tutela è più carente”. Stesso ragionamento per la lotta alla mafia e l’accesso a benefici alternativi, per esempio alla detenzione, da parte di ex mafiosi: “La collaborazione con la giustizia non può essere ritenuta l’unica prova possibile del distacco di una persona dall’organizzazione criminale di cui aveva fatto parte”, afferma Amato pur sapendo che il “tema è delicatassimo, ha prodotto regole speciali rigorose perché si parla di un bisogno di sicurezza rafforzato. Ma allora il Parlamento deve stabilire regole apposite per coloro che ne hanno fatto parte”.
Di Francesco Floris