Ucraina, Draghi annuncia: “Parlerò con Putin”. Messaggio ai leader: “La politica resti unita”

Foto Filippo Attili / Palazzo Chigi / LaPresse 25-03-2022 Bruxelles, Belgio Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi a Bruxelles

ROMA – Il focus sulla politica energetica che intende adottare l’Ue, le mosse dell’Italia per ‘bilanciare’ il peso delle sanzioni inflitte alla Russia, ma anche l’impegno a muoversi in prima persona per rivitalizzare la via diplomatica con Vladimir Putin per cercare di porre fine alla guerra in Ucraina e il richiamo all’unità inviato alla politica italiana.

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, chiude la due giorni di Bruxelles mostrandosi stanco, ma soddisfatto. Il Consiglio europeo, confessa, è stato sostanzialmente incentrato sulla discussione sull’energia, dove ci sono stati “passi avanti sulla strada verso decisioni da prendere insieme in un momento molto difficile”. Il tutto ben sapendo che la situazione di partenza dei vari paesi per quanto riguarda l’approvvigionamento e le infrastrutture “è molto diversa da paese a paese” e quindi la discussione “non è semplice” su cosa fare di fronte all’aumento del prezzo del gas.

Draghi conferma che si è parlato della possibilità di mettere un ‘price cap’, e che per maggio ci sarà una proposta della Commissione sulla possibilità di spacchettare la formazione del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Inoltre annuncia che non è attesa “una riduzione delle forniture” da parte della Russia, ma che l’Italia acquisterà altri due rigassificatori (“navi galleggianti e non sul terreno per i quali ci vorrebbe più tempo”) per assorbire la quota di gas liquido proveniente dagli Stati Uniti.

Ovviamente, oltre al tema energetico, resta in primo piano quello bellico, col conflitto in Ucraina. Ed è qui che Draghi, dopo aver espresso “la mia personale gratitudine e quella del governo al Santo Padre”, ribadisce l’impegno per la pace: “Io la sto cercando veramente e gli altri leader europei anche. Hanno avuto colloqui con Putin e anche io ne avrò”. “Non siamo in guerra perché si segue un destino bellico, si vuole la pace prima di tutto”, sottolinea il premier spiegando che il modo migliore per dimostrare di volerla “è cessare le ostilità e sedersi al tavolo. Se non si fa vuol dire che si spera di guadagnare terreno”.

“A un certo punto sicuramente verrà un tavolo di pace – aggiunge quindi – ma speriamo che arrivi prima della distruzione totale dell’Ucraina. Prima che avvenga quello che purtroppo è avvenuto con l’Unione Sovietica quando invase Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia”. Ecco perché, ricorda, gli sforzi fatti finora da Macron, da Scholz, “e poi anche da me” anche “se non hanno prodotto niente” restano comunque “necessari” perché il giorno in cui cambierà l’atteggiamento di Putin “noi saremo lì a iniziare questo processo di pace insieme agli altri alleati”.

Sul fronte interno, poi, Draghi risponde così a una domanda sulle posizioni in merito alla guerra tenute da Salvini, Berlusconi e Conte. “La politica oggi deve parlare del presente e del domani. In questo momento l’unica cosa che secondo me può fare una politica che vuole bene al Paese e vuole la pace è stare uniti – è il messaggio del presidente del Consiglio -. La cosa piu importante è guardare avanti ora, poi i conti si fanno poi con la coscienza e anche con il proprio elettorato. Ma non è ora il momento”.

E riguardo all’aumento delle spese militari, ricorda, “il 2 per cento fu un impegno preso dal governo italiano nel 2006, e sempre confermato da tutti i governi da allora. Ora è tornato alla ribalta questo impegno perché più urgente è venuta l’esigenza di iniziare a riarmarci”. Esigenza legata al fatto che la Russia ha invaso l’Ucraina “in base a logiche che appartenevano ad altre epoche. Ed è questo improvviso esser richiamati a un passato che si pensava dimenticato che ha suggerito di confermare questo impegno preso tanti anni fa”.

La conferenza stampa a Bruxelles, tenuta più tardi del previsto, si chiude con il premier interrogato sull’esposto presentato dall’ambasciatore russo, Sergey Razov. “Voglio esprimere la mia solidarietà a tutti i giornalisti de ‘La Stampa’ e al suo direttore Giannini, veramente una solidarietà sentita”, scandisce per poi abbandonarsi a delle considerazioni al vetriolo: “La libertà di stampa da noi è sancita dalla Costituzione. Forse in un certo senso non è una sorpresa che l’ambasciatore russo si sia così inquietato con un giornale italiano che poteva esprimere degli atteggiamenti di critica, perché in fondo lui è l’ambasciatore di un Paese dove non c’è la libertà di stampa. Da noi c’è e da noi si sta molto meglio. Glielo direi subito”.(LaPresse)

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