SLOVENIA – Il “perimetro” dell’Alleanza atlantica non è, e non sarà mai, in discussione. All’interno dell’Unione europea, però, servono un maggior “coordinamento” e una maggiore unità di intenti in fatto di politica estera e difesa comune. Il rischio, altrimenti, è avere un ruolo “molto marginale” in uno scacchiere internazionale dominato dalle grandi potenze mondiali. Il momento di agire, quindi, è adesso. Mario Draghi ne è convinto: “Non abbiamo tempo”, scandisce nel corso della cena informale con i leader Ue nel castello di Brdo, in Slovenia. Al tavolo, siede ancora Angela Merkel, ma quello sloveno sarà uno degli ultimi vertici europei della cancelliera tedesca e il premier italiano, che per molti si candida a essere la nuova guida dei capi di Stato e di Governo del Vecchio Continente, lancia un allarme.
Per Draghi il ritiro dall’Afghanistan e il cambio di commesse che ha riguardato il contratto tra l’Australia e la Francia per la fornitura di alcuni sottomarini nucleari, “sono due messaggi molto forti, che ci dicono – scandisce – che la Nato sembra meno interessata dal punto di vista geopolitico all’Europa e ha spostato le aree di interesse ad altre parti del mondo”. Da queste premesse muovono le domande rivolte da Draghi ai colleghi europei. E’ “pensabile” che i paesi membri dell’Ue possano coordinarsi per avere posizioni comuni e vincolanti? in grado anche di “guidare” le scelte della Nato? Le “riflessioni” che nelle ultime settimane stanno facendo i leader Ue non sembrano in realtà essere ben accolte dai vertici Nato. “Qualsiasi tentativo di indebolire il legame transatlantico creando strutture alternative, trasmettendo l’idea che possiamo farcela da soli, non solo indebolirà la Nato, ma dividerà l’Europa”, è il messaggio fatto recapitare oltreoceano dal segretario generale, Jens Stoltenberg, ma Draghi non la pensa così. “Non credo che qualunque cosa nasca fuori dalla Nato indebolisca la Nato o indebolisca l’Europa – dice chiaro – Qualcosa di complementare alla Nato rafforza la Nato e l’Europa”. La pensa così anche Ursula von der Leyen. “L’Unione europea non sarà mai un’alleanza militare, ma ci sono scenari dove non vediamo la Nato e potrebbe esserci la necessità per l’Ue di essere in grado agire – ribadisce la presidente della Commissione Ue – Tutti gli sforzi che stiamo perseguendo verso il summit della difesa del prossimo anno sono complementari alla Nato. Ma danno all’Ue la capacità di agire se c’è la volontà politica di impegnarsi”.
Draghi, in questa partita, è in prima linea, nella rotta già tracciata, in realtà, in più di un’occasione da Sergio Mattarella. Non c’è più tempo da perdere, però, e le occasioni perdute sono già state tante.
“Se non c’è una politica estera comune – è la consapevolezza del premier – è molto difficile pensare a una difesa comune”. Per arrivare a visioni condivise di politica estera e di difesa, lo dice chiaro il presidente del Consiglio italiano, ci sono due strade: procedere “all’interno dell’Ue e, se però non funziona, con un’alleanza tra Paesi”. Draghi preferisce “di gran lunga” la prima ipotesi perché consentirebbe di portare avanti “uno schema sovranazionale invece di passare a uno schema di alleanze multigovernative ma – è la sottolineatura- bisogna vedere cosa è che funziona perche è il momento di pensarci seriamente”.
La tabella di marcia, in ogni caso, prende forma. L’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, presenterà una prima bozza dello ‘Strategic compass’ sulla difesa a novembre 2021. I leader, ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ne discuteranno a dicembre per tentare poi un’accelerazione a marzo in occasione del Consiglio europeo ordinario sulla Difesa.
Dalla nostra inviata Nadia Pietrafitta Brdo