Incidenti sul lavoro: 3 indagati per la morte di Luana. Procura: “Orditoio fu manomesso”

Per la morte dell'operaia sono indagati la titolare dell'azienda, Luana Coppini, il marito Daniele Faggi, considerato dagli inquirenti l'amministratore di fatto della ditta anche se sulla carta risultava un dipendente, e il tecnico manutentore Mario Cusimano, che materialmente avrebbe eseguito la manomissione del macchinario dove lavorava la giovane operaia.

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PRATO – Una serie di manomissioni sull’orditoio: sarebbe questa la causa dell’incidente che il 3 maggio scorso costò la vita a Luana D’Orazio, l’operaia 22enne di Agliana (Pistoia), madre di un bimbo di 5 anni, rimasta schiacciata dal macchinario a cui stava lavorando nell’azienda tessile di Montemurlo (Prato) ‘Orditura Luana’ dove era stata assunta come apprendista due anni prima.

Per la morte dell’operaia sono indagati la titolare dell’azienda, Luana Coppini, il marito Daniele Faggi, considerato dagli inquirenti l’amministratore di fatto della ditta anche se sulla carta risultava un dipendente, e il tecnico manutentore Mario Cusimano, che materialmente avrebbe eseguito la manomissione del macchinario dove lavorava la giovane operaia. Per tutti e tre, ai quali ieri sono stati recapitati gli avvisi di chiusura delle indagini, i reati ipotizzati sono omicidio colposo e rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Ora gli indagati avranno 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o per presentare una memoria difensiva per confutare le tesi dell’accusa. La procura di Prato ha incardinato l’impianto accusatorio principalmente sulla relazione del consulente tecnico, l’ingegnere Carlo Gini, che dopo aver chiesto e ottenuto per due volte il rinvio dei termini, ha concluso stabilendo che Luana D’Orazio è morta a causa della manomissione dell’orditoio.

La donna, secondo quanto ricostruito dalla perizia disposta dalla procura, avviò il macchinario in modalità automatica alle 9.45 del 3 maggio; un minuto dopo si spostò vicino al subbio, ovvero il rullo su cui si avvolge il filo prima di fare l’ordito. In quel momento, sempre secondo l’accusa basata sulla consulenza tecnica, la giovane operaia restò agganciata a una sbarra che sporgeva più del dovuto e che la trascinò dentro al motore, tirandola per la maglia, per la felpa e per i leggins. Il corpo della giovane, come ha scritto l’ingegner Gini nella perizia, girò per due volte “in un abbraccio mortale” e dopo 7 secondi un compagno di lavoro intervenne spegnendo il macchinario con il pulsante di stop. Nel frattempo Luana era morta per “lo schiacciamento del torace”, come confermato dall’autopsia. Se il cancello di protezione fosse stato abbassato come dovuto, sempre secondo la tesi dell’accusa, Luana non si sarebbe trovata in quella posizione pericolosa. La serie di manomissioni sul macchinario quindi, secondo il perito, hanno creato il nesso causale con la morte della ragazza.

Un ulteriore approfondimento disposto dalla procura di Prato, tramite la guardia di Finanza, allo scopo di comprendere se fossero derivati guadagni dalla rimozione delle sicurezze nel macchinario tessile “non ha fornito riscontri tangibili dal punto di vista economico”. La manomissione dell’orditoio avrebbe fruttato un incremento di produttività dell’8% rispetto a un macchinario che avesse mantenuto integro il dispositivo anti infortunistico, ma non avrebbe però generato alcun guadagno per l’azienda perché, essendo un macchinario da campionatura, la sua quantità di produzione non influisce nel fatturato. Anche per questo aspetto emerso nelle indagini la procura non ha contestato alcuna aggravante sui reati addebitati ai tre indagati per la morte della 22enne.

LaPresse

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