Una luce che si spegne

“Di lei si dice che il corpo altro non sia che una formale gentilezza, un abito buttato lì a caso, su di una splendida anima per poter ricevere gli amici”. Con queste parole il poeta e critico Jean Cocteau, ateo comunista, si rivolgeva a Jaques Maritain, filosofo e pedagogo cattolico, nel loro epistolario. I due erano profondamente diversi nella visione della vita ma accomunati dalla luce dell’intelligenza e della sensibilità. Quella frase, pronunciata come omaggio, può essere proferita oggi per il Papa emerito Benedetto XVI, che si va spegnendo lentamente nel suo volontario esilio dal mondo. Intellettuale e teologo di prima grandezza, fine diplomatico nei dicasteri vaticani che gli furono affidati nel tempo, Ratzinger è stato un grande Pontefice nell’accezione piena del termine. All’atto della sua elezione ebbe, infatti, a definirsi un “umile lavoratore nella vigna del Signore” e con quel tratto di austera umiltà rimase seduto sul soglio di Pietro. Diciamocela tutta: levatura culturale e capacità d’intelletto lo hanno reso il primo tra i suoi pari, conferendogli sempre la concreta impressione che non facesse il “prete di mestiere” ma che il suo sacerdozio fosse ispirato da fede e sapienza. Il tutto al servizio della Chiesa. Non credo sia blasfemo ipotizzare che, una volta resosi conto di non poter più reggere il peso del Pontificato ai livelli che gli erano propri, con coraggio senza pari, egli abbia compiuto il gesto della rinuncia. Ma attenzione: non era Celestino V ad abdicare bensì un uomo di prima grandezza, costretto al “gran rifiuto” non certo per viltà bensì per l’estrema consapevolezza che il declino e la secolarizzazione della Chiesa, richiedessero ai suoi vertici un Vescovo nel pieno delle proprie forze spirituali e materiali. Un gesto dunque non per scendere dalla Croce, come qualcuno malevolmente ipotizzò, ma per meglio servirla sia pure in carenza di forze e di lucido intelletto. Benedetto XVI non è stato un Papa simpatico agli atei devoti, a quelli, cioè, che guardano con simpatia al Vaticano solo quando questi si allinea alle posizioni ideologiche della sinistra. All’opposto, Ratzinger ha saputo ridare alla Chiesa il rigore teologico che le era proprio arginando gli “eretici”, fronteggiando la progressiva decadenza dottrinale e lo scandalo dei preti pedofili. Secondo Benedetto le principali cause del “tracollo” della fede sarebbero state da ricercarsi nella perdita del senso di Dio. In particolare, le devianze dal rigore dottrinale sarebbero maturate nel corso degli anni ‘60, durante un processo di rifiuto dei caposaldi della morale sessuale cattolica. Il morbo sarebbe quindi dilagato coinvolgendo teologia, formazione dei seminaristi e selezione dei porporati. Insomma: da parte di Ratzinger è giunto un richiamo forte all’essenza dei principii morali del magistero ecclesiale influenzati, ahiloro, nel tempo, dal lassismo dei costumi e dalla cancellazione dei valori in ambito laico e sociale. Esemplare poi è stato anche l’aver saputo fronteggiare la teologia della liberazione che riduce l’azione della Chiesa al riconoscimento dell’ideologia socialista intesa come liberazione degli umili e degli oppressi. Insomma, il Papa tedesco ha saputo separare gli ambiti di intervento ecclesiale e spirituale dal movimentismo politico che ha caratterizzato l’azione dei cosiddetti “preti operai” e “guerriglieri” richiamando questi ultimi alla loro funzione e vocazione ed all’applicazione della dottrina sociale che funge da argine alle illusioni del marxismo ed ai potentati del capitalismo. Joseph Ratzinger ha saputo inoltre affrontare la violenza ed il terrorismo sanguinario scaturito dalla letterale ed ottusa esegesi del Corano, rivendicando le radici cristiane dell’Europa e la diversità, rispetto all’Islam, della fede cristiana innanzi al rispetto dei principi di libertà, tolleranza ed auto determinazione dei popoli, oltre che al rispetto per lo stato laico (e per le sue leggi). Il discorso da lui pronunciato a Ratisbona su questa diversità di valori e di vedute del cristianesimo rispetto alle altre confessioni religiose, alla violenza stessa della fede, rimane, ancora oggi, un mirabile esempio ed una corretta via per far camminare i cattolici nella modernità dei valori che cambiano senza trasfigurarne la missione. Benedetto non ha mai offerto se stesso ed il magistero papale alle lusinghe della popolarità, alla bonomìa di certi gesti che rendono simpatici ma poi ne declassano la sacralità della figura. Non si è mai offerto alla popolarità a buon mercato. Come il curato di campagna descritto da George Bernanos, egli è sempre stato conscio che il peggior avvilimento per l’animo di un cristiano è l’esempio che viene dal prete mediocre.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome