Una settimana complessa

Signori, vogliate scusarmi, ma quella che si sta andando a chiudere è stata davvero una settimana complessa. Per la mia salute mentale, soprattutto. Ogni volta che mi sono trovato sui social network ho provato a schivare post e commenti come il migliore dei Neo nel migliore dei Matrix (ossia il primo capitolo) nell’iconica scena delle pallottole sparate dall’agente Smith su di un tetto. Ma siccome di Keanu Reeves mi mancano fisico e appeal non sempre ci sono riuscito. Quindi ho dovuto apprendere da parecchi internauti cose che difficilmente reputo logicamente possibili. In primis, ho scoperto che per essere femministe bisogna tenere solo ai successi delle donne di sinistra. Se una donna prende un gruppetto di persone al 2% e li porta nel giro di un decennio (e non ventennio) a essere il primo partito d’Italia in un universo a trazione evidentemente maschilista, il problema è che non può rappresentare l’essere donna e questo non è un risultato ottenuto da una donna.

Perché per essere fieramente donna in questo Paese e vantarti dei risultati ottenuti nonostante l’essere donna non puoi andare più ad est dell’UDC. Mai. Oltre ci sono solo sguattere, faciline o olgettine. Di conseguenza, ho scoperto che il problema di Giorgia Meloni non è un problema di posizione ambigua sulla politica internazionale o un programma elettorale che fini analisti hanno definito un buco senza fine di fondi e in pratica irrealizzabile. No. Né tantomeno la posizione ambigua sulle fibrillazioni ucraino-russe. No. Le posizioni sull’immigrazione. Nemmeno. Le foto dei suoi sostenitori nei circoli di partito con la fiamma in vista e il braccio destro in tiro, a violare delle fondamentali leggi di apologia al fascismo di cui insomma si potrebbe prendere un po’ più di distanza tipo Gianfranco Fini che poi sappiamo come è finita. No.

Nemmeno che Giorgia Meloni abbia rotto il silenzio elettorale con due meloni in mano ammiccando a un videofonino. No. Il problema è che Giorgia Meloni, la prima (in pectore) Presidente del Consiglio donna dello Stato italiano, “rappresenta il più becero patriarcato”. Questa posizione, però, è fondamentalmente una posizione raccontata dalle femministe e da una certa stampa complice della visione d’intelligencia di sinistra attuale, che continua a parlare di “legami e rapporti” di Fratelli d’Italia con alcuni non specificati ambienti di cui non si fa specificato nome e che vorrebbero cose tipo lo stop all’aborto. Cosa che la stessa Meloni ha ribadito in questa campagna elettorale a più riprese: la 194 resta. Come l’obiezione di coscienza. Poi ho scoperto pure che già tutti sanno cosa farà in tal senso Giorgia Meloni, tipo “togliere i fondi ai consultori per darli alle associazioni pro-life”. Non sappiamo manco la squadra di Governo ma abbiamo già ben chiaro le cose “fascistelle” che vuol fare Giorgia, dove fascistello – inoltre – vuol dire tutto e niente, tanto è l’attuale abuso del termine.

E il tutto contornato dai soliti frame rubati dai suoi comizi in cui Meloni sembra una donna deformata, pazza, schizzata o un mezzo gollum, cose che avrebbero fatto gridare allo scandalo in altre occasioni (ricordo a tal proposito un noto esponente napoletano di FdI aspramente e giustamente criticato per aver definito Peppa Pig una assessora comunale qualche mese fa). Insomma, ho scoperto grazie ai social che va bene la democrazia ma che resta in mano ai circoli di sinistra definire cosa è femminista e cosa no. Che va bene, soprattutto, prendere lezioni dal PD in tal senso. Come fosse il paradiso del gender gap abbattuto a suon di schwa.

*esperto di comunicazione digitale
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