Una sola ala

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Siamo ormai immersi in una società digitale, frenetica e veloce, che si modella plasticamente sulle innovazioni che la tecnologia sforna a getto continuo. Tanto veloce e ubiquitaria da ridurre il contatto fisico (e i rapporti interpersonali) al minimo storico, a una rappresentazione metafisica della convivenza. Uno stuolo di psicologi, sociologi e filosofi si affanna a studiarne l’intima configurazione, denunciando come la solitudine esistenziale sia ogni giorno il tratto distintivo dell’umanità. Viviamo in una società liquida che non si avvale più dei tradizionali contenitori entro i quali gli esseri umani hanno socializzato nel corso dei secoli. Più ampia è la possibilità di mettersi in contatto con il mondo, attraverso la rete ed i social network più scarso ed effimero si manifesta il rapporto tra le persone fino a trasformarsi in una sorta di simulacro. L’amicizia assume un valore misurabile in contatti digitali e non più come un insieme di valori e sentimenti comuni che legano affettivamente gli individui tra loro. La stessa parola oggi è intesa come contatto di gradimento elettronico all’interno del sistema digitale. Un paradosso della modernità sociale caratterizzato dal vertiginoso aumento dei “like” e dei messaggi che nel contempo isolano ed emarginano i singoli individui aumentandone la solitudine. Oggi il vero amico è il device (Computer, Telefono, Web), il rapporto tra le persone è mediato dallo strumento di collegamento più che dalle comuni esperienze. Insomma, siamo sempre più soli nel mare dei tanti che pure potremmo conoscere. Questo sembra essere ormai il dato distintivo di un umanesimo che ha cancellato i sentimenti e i valori a vantaggio della crescita vertiginosa dei semplici approcci con migliaia di altre persone. Una specie di miraggio che ci illude e ci lusinga ma che, all’atto pratico, ci isola è ci emargina dietro una tastiera. C’è da chiedersi se tutto questo sia un fattore di progresso o di regresso per la società moderna, se essere diventati un’appendice del mezzo che usiamo per comunicare non ci trasformi da esseri dotati di socialità e umanità in qualcosa di artificiale e quindi in contrasto con la fisiologia della nostra esistenza. Una risposta in tal senso viene anche da una recente scoperta della scienza neuro biologica. L’abbraccio di un amico, la presa rincuorante di un genitore o il tocco di un amante generano piacere in chi li riceve e sono indispensabili per la socializzazione. Questi gli esiti di uno studio dello Zuckerman Institute della Columbia University con il quale si è cercato di spiegare il percorso neurobiologico posto alla base del “piacere da contatto sociale”. Esiste quindi un nesso biologico tra il contatto umano e l’attivazione di determinati neuroni in una regione del cervello. Con buona pace delle teorie filosofiche e psicologiche che sono state definite sulla scorta dell’elaborazione del pensiero e di quelle provenienti dallo studio dei comportamenti sociali, esiste un meccanismo nell’uomo che lo rende, aristotelicamente parlando, un animale sociale. Meccanismi che si sono affinati nei secoli e che sono stati indotti dalla necessità di potersi meglio difendere e aiutare in caso di necessità, all’interno di un determinato consesso sociale, utilizzando gesti che risultavano rassicuranti e gratificanti al tempo stesso. Se è vero che quel che è buono per natura è buono in se stesso per l’uomo, la rarefazione di questi meccanismi biologici e sociali non potrà che portare scompensi nell’intima natura degli esseri umani. E’ noto, tra l’altro, come l’emarginazione sociale, la solitudine esistenziale, il porsi fuori dalla partecipazione attiva alla vita della comunità, ancorché metafisicamente surrogata attraverso semplici contatti telematici, porti ad un’alterazione neurologica e quindi patologica per le persone. Se ancora una volta gli artefatti della tecnologia, le scoperte e le innovazioni della scienza surrogheranno i comportamenti naturali, trasformando le persone in “altra cosa” rispetto alla loro storia sociale e biologica, non dovremo poi meravigliarci di quello che questo comporterà. Una società nella quale si arrivi all’isolamento dei veri e naturali rapporti tra gli individui non potrà che aumentare frustrazioni, nevrosi e stress a carico dei medesimi. Una siffatta trasformazione comporterà inevitabilmente stili di vita violenti ed esasperati, vissuti in contesto egoistico, fatto di atarassia ed anaffettività, condito di rapporti interpersonali nei quali i gesti e le azioni saranno mediati da macchine, fino a privarci di quei meccanismi che pure sarebbero stati “selezionati” per gratificare l’uomo rendendolo un animale sociale. Una vecchia massima filosofica asserisce che gli uomini siano angeli dotati di una sola ala: solo restando abbracciati potranno volare.
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