I consiglieri di “De Luca presidente” non chiederanno un passo indietro al capogruppo Carmine Mocerino, finito sotto processo per l’ipotesi accusatoria di voto di scambio. Lo dichiara il vice capogruppo Luca Cascone, interpellato da “Cronache” (ieri il cellulare di Mocerino risultava irraggiungibile). Nelle dichiarazioni rilasciate a margine del rinvio a giudizio, Mocerino ha chiarito di non avere intenzione di dimettersi da consigliere, ma per una questione di opportunità si potrebbe pensare, ad esempio, a un’autosospensione dall’incarico di capogruppo. “Per me non ce n’è nessuna necessità – ha detto Cascone – poi non so se Carmine voglia prendere una decisione in questo senso, ma è comunque una scelta che spetta a lui”.
E ieri diversi esponenti politici hanno manifestato solidarietà al rinviato a giudizio: fra gli altri, si sono espressi il consigliere della città metropolitana di Napoli in quota ad “Azione” Ciro Di Giacomo (“Ho avuto modo di conoscerti e ammiro il tuo senso delle istituzioni, la tua forte inclinazione alla legalità e alla rettitudine morale. Non ci sono parole per la sofferenza che ti sta arrecando tutto questo. Ti sono vicino, ma soprattutto sono sicuro che uscirai assolto e a testa alta da questa brutta storia”), il consigliere comunale di Napoli libera Massimo Cilenti (“Saprai dimostrare la tua estraneità ai fatti”) e l’ex consigliere regionale dei 5 Stelle Vincenzo Viglione, che si è limitato ad augurare “in bocca al lupo” per la battaglia giudiziaria.
I fatti contestati a Mocerino risalgono all’ultima campagna elettorale per le regionali, nel 2020, quando il consigliere regionale ricopriva anche la carica di presidente della commissione della commissione anticamorra della Regione.
Mocerino era tra le otto persone indagate dalla Procura di Napoli nell’ambito di una maxi-inchiesta su una presunta compravendita di voti.
“Facile – ha commentato il consigliere l’altro ieri – immaginare il mio stato d’animo in queste ore in relazione ad un’accusa per me particolarmente mortificante. Una contestazione lontana anni luce dal mio modo di essere e di fare politica. Come è doveroso e naturale che sia affronterò l’iter processuale, continuando a nutrire nella magistratura la fiducia di sempre”.
“Proseguo la mia attività istituzionale e politica con l’impegno e la passione di ogni giorno, accompagnato dalla serenità d’animo di chi non ha commesso quanto contestatogli e nella certezza che tanto emergerà nella fase dibattimentale che auspico sia rapida e veloce” conclude Mocerino.
Il processo a carico del consigliere inizierà l’8 febbraio davanti al giudice monocratico Eliana Franco. Secondo l’accusa, i fatti si sarebbero svolti nel territorio di Cercola: qui infatti, davanti al seggio elettorale di via Aldo Moro, nella frazione Caravita, uno degli indagati avrebbe procacciato voti al candidato e, durante questa attività, sarebbe stato aggredito e picchiato da altri due indagati. La spedizione punitiva fu decisa, secondo l’accusa, perché il galoppino del candidato non avrebbe pagato il pizzo (per l’importo di 1000 euro) sulla compravendita dei voti imposto dal clan De Luca-Bossa-Minichini, attivo nella zona di Ponticelli ma i cui tentacoli si allungano anche a Cercola. La Direzione distrettuale antimafia ritiene che queste persone siano vicine alla camorra. Sempre secondo l’inchiesta, il mercanteggiamento dei voti sarebbe stata una pratica non inusuale. Non è, del resto, la prima volta che sul voto per la Regione si allungano le ombre della camorra: basti pensare all’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere sulla tornata elettorale del 2016, che ha portato ad alcune condanne in primo grado per voto di scambio politico-mafioso. In quella occasione sarebbe stato il clan Belforte di Marcianise a entrare in azione per influenzare l’esito del voto.
Nell’udienza di febbraio Mocerino avrà occasione di esporre la sua versione dei fatti. Nel frattempo, il gruppo consiliare va avanti senza cambiamenti.