L’estorsione da 50mila euro che mandò in tilt i Mazzarella

L'estorsione da 50mila euro che mandò in tilt i Mazzarella
L'estorsione da 50mila euro che mandò in tilt i Mazzarella

NAPOLI Salvatore Barile, arrestato martedì mentre tentava di lasciare l’Italia (insieme ai cugini Ciro e Michele Mazzarella) fa parte della cupola del clan Mazzarella. Figlio Luisa Mazzarella – sorella di Vincenzo e Gennaro Mazzarella, all’anagrafe di camorra ’o pazzo e ’o schizzo – Barile, alias Totoriello, è considerato un tuttofare del clan, nonché espressione della cosca nel Rione Sant’Alfonso di Poggioreale, il cosiddetto Connolo. Ma la sua militanza nell’organizzazione ha attraversato momenti di crisi. Era la primavera del 2019 e a Barile erano arrivate voci di un torto subito da Antonella Virenti, moglie del defunto boss Vincenzo Mazzarella, sua zia. In una conversazione intercettata dagli inquirenti, datata 25 aprile, si sentono Barile e Massimo Ferraiuolo, alias Mortadella, parlare dei problemi interni alla cosca. Barile chiarisce che le voci sulla sua potenziale scissione erano riconducibili al fatto che la zia si fosse appropriata per intero – senza riconoscergli alcuna quota – della somma di 50mila euro per una estorsione fatta dallo stesso Totoriello, poi andato in carcere;  tant’è che dal carcere Barile, impulsivamente, avrebbe mandato un’imbasciata alla Virenti dicendo “ma allora qua non siamo più famiglia? Perché se vi siete presi questi soldi miei, non siamo più famiglia”. “Sono costretto a fare il discorso con altre famiglie?”, la provocazione di Barile che per ‘altre famiglie’ intendeva altri clan: “Voi avete detto che io mi volevo girare con i Contini”, i rivali dell’Alleanza di Secondigliano.

In realtà si trattò di un disguido, ma la tensione fu tanta all’interno dei vertici dell’organizzazione criminale. Da quella conversazione intercettata, inoltre, emersero le dinamiche organizzative del clan, diviso in sottogruppi, pur avendo infatti una gestione contabile autonoma per il mantenimento degli affiliati e dei detenuti, che facevano confluire i proventi delle rispettive illecite attività nella cassa comune della cosca, gestita dalla Virenti: in particolare, per il gruppo Ferraiuolo era Giovanna Romaniello, moglie di Massimo Ferraiuolo, la persona deputata a consegnare alla ‘zia’ i proventi illeciti settimanali della Maddalena. Ferraiuolo, una volta scarcerato, secondo la Dda ha dissuaso con le minacce i reggenti del clan dei Quartieri Spagnoli, Eduardo Saltalamacchia e Vincenzo Romano, e con le armi quelli di Forcella, guidati da Domenico De Martino, alias caciotta, dall’estendere le proprie mire espansionistiche sulla Maddalena, ottenendone così la gestione dagli esponenti apicali del clan Mazzarella. Il gruppo facente capo a Ferraiuolo aveva il controllo totale delle attività illecite espletate nella Maddalena (dalle estorsioni al traffico di stupefacenti) e le entrate settimanali che ammontavano a un totale di 6.200 euro, mentre le uscite settimanali a 3.600 euro, ripartiti in 2.500 euro per gli affiliati detenuti, 400 euro per Michele Mazzarella, 700 euro a Barile. Ferraiuolo, inoltre, sarebbe stato affiancato, su indicazione di Ciro Mazzarella, da Alberto Virente, pronipote di Antonietta Virenti, il quale operava in qualità di ‘supervisore’ e rappresentante “in loco” della famiglia Mazzarella, circostanza che indispettiva non poco Ferraiuolo. 

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